Venerdì 23 novembre nuovo appuntamento con “I Venerdì delle Muse”

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LEVERANO (Lecce) – Venerdì 23 novembre 2018, alle ore 18.30, presso la Biblioteca Comunale (Via Sedile, 18) di Leverano, si terrà un nuovo appuntamento della rassegna “I Venerdì delle Muse”, dedicata al dialogo con gli autori e le loro scritture. Verrà presentato “La chiae te oru (La chiave d’oro”, la raccolta di poesie, in dialetto salentino, edita da Musicaos Editore. L’evento, promosso da UTE, Università della Terza Età – Salento, in collaborazione con Musicaos Editore, è patrocinato dal Comune di Leverano. Condurrà la serata la giornalista Maria Claudia Minerva di Nuovo Quotidiano di Puglia, dialogherà con l’autore Marcello Rolli, Sindaco di Leverano, interverranno Sandrino F. Ratta (Presidente UTE Salento) e Luciano Pagano (Editore). Durante la serata sono previste letture delle poesie di Pino Tarantino, eseguite dal gruppo degli “Anonimi Salentini”, che saranno accompagnati da musiche a cura dell’“Officina della Musica”. Ingresso libero.

 

Fabio Simonelli, sul numero 342 (Novembre 2018) del prestigioso mensile Poesia, scrive così a proposito delle poesie contenute nel volume di Pino Tarantino: “Non è soltanto l’amore per le proprie radici la spinta che anima la poesia di Pino Tarantino, ma una vera e propria scelta di resistenza. Resistenza al disfacimento dei rapporti sociali di base, alla frenesia che impedisce la riflessione, a un mondo dove nessuno è colpevole e nessuno è innocente. Ripartire dai padri, o meglio ancora dai nonni, sembra voler essere la chiave che Tarantino propone per recuperare un’umanità che da diversi anni si va perdendo: La chiae te oru – La chiave d’oro è il titolo della sua ultima raccolta, scritta in dialetto leccese. La traduzione in lingua italiana è dello stesso autore”.

 

Pino Tarantino, nato nel 1959, a Sannicola (Le). Cresciuto in una famiglia di contadini, la cui semplicità, il rispetto e la disciplina, sono stati il collante di un percorso che lo ha portato ad amare tutto ciò che la sua terra con i suoi valori, le sue tradizioni, la sua storia, gli ha donato. Il dialetto identifica semplicemente il modo di essere, individuabile nelle persone più semplici, nelle gesta più genuine, che resistono all’avanzare di un modo di vivere frenetico dettato dalla smania di primeggiare. Sostiene l’autore: “… ho cercato di custodire in versi ciò che il tempo ci ha fatto dimenticare, come le persone, i rapporti, la cura della nostra amata terra: tutti valori che molti non sanno di possedere o fanno finta di non aver mai avuto. Mentre proprio la semplicità e la genuinità lasciateci in eredità dai nostri nonni sono una cura, in quest’epoca di freddi rapporti sociali, dove tutto è permesso e nessuno è innocente o colpevole. In sintesi, con i miei umili versi, amo identificarmi in quelle persone che hanno vissuto i periodi più belli della nostra vita e che resteranno scolpiti nel cuore di chi come me ama le proprie radici.”