Alessio Boni, “Don Chisciotte” e la pazzia che salva il mondo

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BRINDISI – «C’è bisogno soprattutto d’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto». Il «Don Chisciotte» di Alessio Boni approda al Teatro Verdi di Brindisi per inseguire il suo sogno di giustizia. L’attore: «Un elogio alla lucida pazzia». In scena sono in sette e Sancho Panza sarà una donna, l’attrice turca Serra Yilmaz. Appuntamento giovedì 21 febbraio – sipario ore 20.30.

«Don Chisciotte», il cavaliere errante innamorato dei libri, oltre che della bella Dulcinea, rivive alTeatro Verdi di Brindisigiovedì 21 febbraio – sipario ore 20.30 –, nella trasposizione del romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra firmata da Francesco Niccolini, con Alessio Boni e Serra Yilmazaccanto a Marcello Prayer per un avventuroso viaggio nei territori della pazzia, tra temerarie sfide e duelli, in cui il celebre hidalgo dà prova del suo coraggio combattendo contro i mulini a vento, nella sua costante tensione verso un irraggiungibile ideale. Sette in tutto gli attori coinvolti, più un giovane “ippoattore”, Nicolò Diana, che dà le movenze a ronzinante, il cavallo dell’eroe dell’impossibile.

Dopo il debutto piemontese dello scorso gennaio, Alessio Boni, forte dei successi televisivi («La compagnia del cigno» in tivù ha fatto il boom di ascolti, preceduto da «Di padre in figlia» e «La strada di casa»), allievo di Strehler e di Ronconi (sul palco interprete di testi sacri da «L’avaro» di Molière fino a «I duellanti» di Joseph Conrad, portato in scena due anni fa anche a Brindisi), con il suo «Don Chisciotte» arriva adesso alla prova del pubblico brindisino.

Pubblicato tra il 1605 e il 1615, «Don Chisciotte» è il primo grande romanzo moderno, nel quale il protagonista insegue i miraggi del sogno, della fantasia, dell’ignoto, dell’istinto e della follia. «Chi è pazzo? Chi è normale? – si chiede lo stesso Boni –. Forse chi vive nella sua lucida follia riesce ancora a compiere atti eroici». Perché le avventure di Don Chisciotte sono costellate di dolorosi fallimenti: dopo aver condiviso le sue fantasie con il parroco e il barbiere del suo villaggio, il povero hidalgo salta sul suo ronzino ispirato dall’amore per Dulcinea. Ma le sue avventure finiranno a suon di randellate, segnate da tristi ritorni e coraggiose ripartenze, accompagnato da Sancho Panza. Il romanzo vede la sconfitta di Don Chisciotte, ma realtà e sogno si confonderanno sul palco del Verdi, così come il tempo passato e la realtà di oggi, senza escludere la possibilità di una riscrittura del finale, tra mistero e sorpresa.

Il cavaliere dell’impossibile è diventato simbolo di chi non si tira indietro nonostante abbia tutto contro e la sconfitta sia annunciata. Il «Don Chisciotte» di Cervantes combatte per un ideale etico, indipendentemente dalla fatica e dal risultato che può ottenere. «Gli uomini che, nel corso dei secoli, hanno osato svincolarsi da una rete preimpostata avvalendosi del sogno, della fantasia, dell’immaginazione, sono stati spesso considerati “pazzi” – ha spiegato Alessio Boni –, salvo poi venir riabilitati dalla storia stessa. Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano di essere ricordati in eterno: tra gli altri, Galileo, Leonardo, Mozart, Che Guevara, Mandela, Madre Teresa, Steve Jobs e, perché no, Don Chisciotte».

Il cavaliere lotta in nome di ideali perduti, è un pazzo visionario romantico, coraggioso, dal cuore d’oro, che riesce a conquistare tutti e continua a vivere sul palcoscenico. Il protagonista vuole fermamente credere alle sue visioni che lo portano a vivere memorabili ed esaltanti esperienze, proprio come fanno i bambini attraverso il gioco e la fantasia. Lo spettacolo ha la forza di prendere lo spettatore per mano e di portarlo in una Mancia ideale, dove Don Chisciotte e il suo fido scudiero consumano le loro vicende in nome della bellissima Dulcinea. Il capolavoro di Cervantes diventa in questo modo una cavalcata poetica nell’animo di ciascuno, un luogo protetto circondato da un tempo pragmatico, disincantato, privo di slanci come è il nostro.

«Lo spettacolo – ha concluso il regista e interprete sarnicense – è incentrato sulla sana eroica convinzione della sete di giustizia, della difesa dei bisognosi. Don Chisciotte è un pazzo che appare perdente ma è un vincente, le busca, cade, non riesce a incantare neppure Dulcinea, ma alla fine vince. Vince perché la sua pazzia va dritta ai valori, i suoi, puri e veri. Guardate Van Gogh, la pazzia scava un vuoto perché sia la bellezza a riempirlo. Allo stesso modo Don Chisciotte è pazzo perché anela giustizia».

Si comincia alle ore 20.30

Durata spettacolo: 120 minuti, due atti