“L’importanza di chiamarsi Ernesto” al Teatro Verdi di Brindisi

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BRINDISI – La commedia più celebre e brillante di Oscar Wilde al Teatro Verdi di Brindisi. Per lo spettacolo è attiva la «Promo Letteratura», la promozione che consente l’acquisto del biglietto di galleria a 10 euro. Un modo per promuovere il geniale e irriverente tratteggio fatto dall’autore irlandese del mondo borghese dell’Inghilterra di fine ‘800. Appuntamento martedì 12 marzo, con sipario alle ore 20.30. God save Oscar!

Si chiama «Promo Letteratura» ed è la promozione che il Teatro Verdi di Brindisi riserva al suo pubblico per la commedia «L’importanza di chiamarsi Ernesto», in programma martedì 12 marzo alle ore 20.30. La promozione è attiva, a partire da giovedì 7 marzo, solo presso la biglietteria del Teatro e permette, per gli ultimi posti disponibili, di acquistare il biglietto di galleria a 10 euro. La biglietteria è aperta al pubblico dalle 11 alle 13 e, nel pomeriggio, dalle 16 alle 18. Info 0831 562554.


Un modo per favorire e promuovere la conoscenza di questo assoluto capolavoro che Oscar Wilde scrisse nel 1895, poco prima di essere travolto dal perbenismo anglosassone e dagli scandali giudiziari per la sua condotta sessuale. Il titolo nasce dagli equivoci derivanti dall’uguale pronuncia inglese di Ernest (nome proprio) ed earnest (serio, onesto), ed è su questa che due amici costruiscono un castello di menzogne per meglio corteggiare le fanciulle amate, dando origine a una complessa, ma teatralmente limpidissima, serie di equivoci.

Il protagonista della pièce, Jack Worthing, finge di avere un fratello di nome Ernest per poter scappare dalla routine contadina e condurre una vita dissoluta a Londra insieme all’amicoAlgernonJack si innamora della cugina Gwendolyn, che resta affascinata dal suo nome, e in modo analogo l’amico inizia una corrispondenza con la nipote del protagonista, presentandosi con lo stesso nome. Come ben si può intuire ciò sfocerà in una storia di equivoci, malintesi, e scambi di persona tipici della commedia classica.

Quella di Wilde è una commedia che non invecchia mai. Nel suo attacco diretto all’Inghilterra vittoriana, l’autore si serve di paradossi («Gwendolyn, è terribile per un uomo scoprire che per tutta la vita non ha detto altro che la verità. Potrai mai perdonarmi?»), giochi di parole e rovesciamenti di significato per smascherare e deridere una società che vive di apparenze ed eccessivo materialismo. È proprio a causa del ricorrere di questo tipo di degenerazione sociale che l’opera è sempre attuale, come ben sottolineano i registi Ferdinando Bruni e Francesco Frongia: «Questa ‘commedia frivola per gente seria’ […] è l’esempio più bello di come Wilde, attraverso l’uso di un’ironia caustica e brillante, sveli la falsa coscienza di una società che mette il denaro e una rigidissima divisione in classi al centro della propria morale. […] Wilde inventa un linguaggio inedito che pone le basi di un umorismo che, attraverso l’epoca d’oro della commedia hollywoodiana, è arrivato fino a noi, anche attraverso popolari serie televisive, senza perdere in freschezza e causticità».

La messinscena è una versione moderna e pop di un classico della tradizione teatrale inglese. Questa impronta si coglie fin dall’inizio, quando «I will survive» di Gloria Gaynor riecheggia nel salotto di Algernon, e viene mantenuto per tutta la durata dello spettacolo. Alle scelte musicali contemporanee (tra cui anche la colonna sonora de «La pantera rosa») si affiancano le scenografie: poltrone e sedie colorate stile anni Sessanta, per noi forse vintage, ma decisamente bizzarre per l’Inghilterra vittoriana.

Ancora più originali e rivoluzionari i costumi: Jack e Algernon sono due giovani eleganti che non indossano abiti ottocenteschi, bensì completi moderni e colorati. L’abbigliamento vistoso dell’aristocratica Lady Bracknell è un po’ meno “infedele” e sottolinea l’appariscenza e l’eccentricità del personaggio. Infine Gwendolyn, promessa sposa di Jack, veste abiti tutt’altro che raffinati con colori che non si abbinano, e ricorda la protagonista di qualche video musicale o programma televisivo “trash” dei Duemila. Anche Algernon ha l’aspetto di un dandy moderno, quasi un divo degli anni Sessanta.

La produzione dell’Elfo Puccini affianca l’umorismo senza tempo di un testo sacro del teatro inglese a riferimenti a noi più familiari e vicini nel tempo: assolutamente da non perdere.

Si comincia alle ore 20.30

Durata: 135 minuti più intervallo