BARI – Musica sacra legata ai giorni di Passione, per l’associazione MisureComposte, che martedì 16 aprile (ore 21), nella Chiesa di San Marcello, a Bari, propone un concerto a ingresso libero intitolato «Per Crucem» con il Coro Polifonico Incanto Armonico e l’Orchestra da Camera “Nino Rota” diretti da Bepi Speranza.
In programma, in apertura di serata, due brani da «Le ultime sette parole di Nostro Signore Gesù Cristo sulla Croce” di Franz Joseph Haydn, al quale l’opera venne commissionata nel 1785 dal Vescovo di Cadice (Spagna) per favorire la contemplazione durante la tradizionale liturgia del venerdì precedente la Settimana Santa. Tra un passaggio e l’altro dei Vangeli sulla Passione, erano previsti alcuni minuti di raccoglimento, e ad Haydn fu chiesto di scrivere una musica che in quei momenti aiutasse la preghiera.
Dopo «l’Introduzione» e «Amen dico tibi: hodie mecum eris in Paradiso» dell’oratorio di Haydn, il concerto prosegue con pagine tratte dallo «Stabat Mater» di Giovan Battista Pergolesi. Per coro femminile ed orchestra d’archi si ascolteranno lo «Stabat Mater dolorosa», «O quam tristis», «Fac ut ardeat cor meum» e «Quando corpus morietur». Seguiranno «Quis est homo» e «Eja Mater» per coro misto ed orchestra d’archi, brani tratti da un’altra opera sacra di Haydn, lo «Stabat Mater».
In tutte queste composizioni si narra, quasi in modo teatrale, il dolore umano di Maria, che contempla il corpo violato del Figlio. E si invita l’umanità a condividerne il dolore, ad entrare in empatia con chi è costretto alla sofferenza. Pertanto, costituisce quasi un ponte la composizione «Paucis Parva» di Speranza, un brano strumentale ispirato alla Regola Francescana che precede la conclusiva «Messa per i martiri di Lampedusa», nata sull’onda dell’emozione suscitata dalla lettura del libro “Non dirmi che hai paura” di Giuseppe Catozzella. Il libro racconta l’avventura di Samia, la ragazzina di Mogadiscio che ama la corsa e, tra mille difficoltà, la pratica a livello agonistico in Somalia, dove le armi parlano sempre più forte la lingua della sopraffazione. Samia guarda lontano, e avverte nelle sue gambe magre e velocissime un destino di riscatto per il Paese martoriato e per le donne somale. Gli allenamenti notturni nello stadio deserto, per nascondersi dagli occhi accusatori degli integralisti, e le prime affermazioni la portano, a soli diciassette anni, a qualificarsi all’Olimpiade di Pechino. Arriva ultima, ma diventa un simbolo per le donne musulmane in tutto il mondo. Il suo vero sogno, però, è vincere. L’appuntamento è con l’Olimpiade di Londra del 2012. Ma tutto diventa difficile. Gli integralisti prendono ancora più potere, Samia corre chiusa dentro un burqua. Rimanere lì, all’improvviso, non ha più senso. Una notte parte, a piedi, rincorrendo la libertà e il sogno di vincere le Olimpiadi. Sola, intraprende il viaggio di ottomila chilometri, l’odissea dei migranti dall’Etiopia al Sudan e, attraverso il Sahara, alla Libia, per arrivare via mare in Italia. Non ce la farà. Rimarrà inghiottita dalle onde, mentre tenta di raggiungere la scialuppa che l’avrebbe tratta in salvo, annegata con altre centinaia di compagni di viaggio.
Il linguaggio utilizzato da Bepi Speranza in questa Messa attinge a differenti stili, tradizioni, ritmi, colori e intonazioni. Echi di musica africana, contrappunto rinascimentale, fuga settecentesca, ritmi balcanici, polifonia e poliritmia si mescolano con il semplice corale della comunità di Taizè. Una commistione che vuole affermare il principio secondo il quale la musica, come l’uomo, non ha barriere. Perché la coesistenza di tradizioni e linguaggi diversi può arricchire tutti.