BARI – Questa mattina il sindaco Antonio Decaro, insieme al prefetto Marilisa Magno, alla presenza del questore Giuseppe Bisogno e delle autorità militati, ha ricordato il presidente della Dc Aldo Moro a 41 anni dall’assassinio per mano delle Brigate rosse. Cerimonia davanti alla targa di marmo, posizionata nel 2008 sulla facciata del Teatro Piccinni, sulla quale sono ricordati anche i nomi degli agenti della scorta che persero la vita al suo fianco.
“Ringrazio la Federazione dei Centri Studi su Aldo Moro – commenta il sindaco Decaro – che ci accompagna ogni anno nell’organizzazione delle celebrazioni, per essere qui oggi, nella giornata dedicata al ricordo delle vittime del terrorismo, ma più di tutti al ricordo di Aldo Moro. Uno statista di grande levatura, un cultore del diritto, un servitore dello Stato, un cittadino per bene che ha lasciato al nostro Paese un patrimonio immenso. A 41 anni di distanza da quel tragico evento, il rapimento e l’assassinio prima degli uomini della sua scorta e poi del Presidente Moro rappresentano una ferita ancora troppo profonda per tutti noi. Soprattutto per tutti coloro che credono fermamente nei valori della giustizia, della democrazia e della libertà.
Quel giorno l’Italia ha perso uno degli esponenti politici e istituzionali più intelligenti, lungimiranti, umani e sensibili ai grandi cambiamenti sociali e culturali in atto. Uomo di mediazione per eccellenza, capace sia di ascoltare il singolo cittadino, sia di interpretare le grandi istanze di un popolo, Aldo Moro ci ha insegnato che la politica deve avere come obiettivo, primo e ultimo, il bene comune. Non ha mai smesso di inseguire questo traguardo. Dopo gli anni drammatici della dittatura fascista e della guerra, Aldo Moro, da Costituente, contribuì a scrivere i valori sui quali si fonda la più bella Costituzione del mondo.
Aldo Moro ci ha insegnato cosa significhi agire secondo “senso del dovere”, termini spesso abusati e poco praticati, ma che rappresentano perfettamente la vita e il lavoro di un uomo in grado di affrontare le grandi questioni del nostro Paese con intuito e lucidità politica senza eguali.
Ci ha insegnato anche quanto contasse costruire un Paese migliore per le giovani generazioni, cui si è dedicato con amore da docente universitario e da uomo dello Stato. Ha dedicato la sua vita a questo, con grande senso di giustizia, con sobrietà e temperanza, qualità di cui ci sarebbe ancora tanto bisogno. Un’eredità morale, della quale noi tutti dovremmo essere custodi gelosi e attenti.
Aldo Moro ci ha insegnato che la democrazia “non è qualcosa di fermo e stabile” e che “bisogna garantirla e difenderla, praticarla ogni giorno, approfondendo i valori di libertà e giustizia su cui abbiamo costruito la nostra Repubblica”. La dobbiamo difendere dagli integralismi, dai fanatismi ma anche da quella illegalità e dai quei disvalori con i quali si alimenta la criminalità organizzata. Quella che miete vittime ogni giorno, che spara tra la folla e ferisce gravemente la piccola Noemi di 4 anni o quella che giusto 41 anni fa uccideva Peppino Impastato.
L’invito e il monito del Presidente Moro sono di straordinaria attualità e rivoluzionaria semplicità, devono far riflettere tutti: la democrazia non è una condizione che si può dare per acquisita, ma un obiettivo cui tendere costantemente, attraverso la difesa dei principi e dei valori di uguaglianza, solidarietà e giustizia. Al contrario, ciò cui assistiamo da qualche tempo non ci fa dormire sonni tranquilli. Per questo dobbiamo mantenere alta l’attenzione e tutelare ogni diversità dalla discriminazione e dalla convinzione che qualcuno possa sentirsi in diritto di prevalere, con disprezzo e arroganza, su qualcun altro. A tal proposito, la nostra Costituzione, che l’onorevole Aldo Moro ha scritto insieme ai nostri Padri costituenti, è molto chiara, e rappresenta il faro che deve guidarci e illuminare il nostro percorso comune.
Perciò l’auspicio che sento di condividere è che questo grande pugliese, che oggiricordiamo con immutata gratitudine, resti sempre un esempio per tutti noi e per i nostri figli”.