Libera libere. Pensieri e pratiche femministe su tratta, violenza, sfruttamento: l’incontro a Lecce presso “Alice e le altre”

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LECCE – “Libera libere. Pensieri e pratiche femministe su tratta, violenza, sfruttamento – le storie”, con Ines RIelli, Monia Denitto, Maria Argia Russo, Diana Doci, sabato 22 giugno alle 19:00 presso “Alice e le Altre” in via Idomeneo a Lecce.

Nella piccola stanza di Alice e le altre, le autrici ci racconteranno
Libera Libere.
Questo libro, che è un resoconto di pensieri e pratiche femministe nell’ambito della tratta di esseri umani, della violenza sulle donne, delle varie forme di sfruttamento e di riduzione e mantenimento in schiavitù e in servitù.

Questo libro può essere considerato un vademecum di resistenza e sopravvivenza femminista utile
a chiunque pensi e sogni servizi pubblici e privati a orientamento di genere.

Viene proposta e agita una visione differente della prostituzione, della tratta e della violenza sulle donne, rispetto a quella xenofoba, vittimizzante e patriarcale, in base alla quale la violenza sulle donne riguarda le donne, la tratta riguarda le straniere, la prostituzione riguarda le prostitute, lo sfruttamento riguarda le povere e il tutto è lontano da noi, dalle nostre relazioni, dal nostro quotidiano: patologie individuali o sociali, ascrivibili ad arretratezza culturale, avventatezza, povertà, ecc.

Le donne con vissuti di violenza e sopraffazione non sono da salvare, da recuperare, da curare, da vittimizzare, da redimere, da gestire, ma da riconoscere, in un rapporto di reciprocità e responsabilità in cui i saperi professionali acquisiti devono essere ripensati, devono fare da sfondo e non sovrastare i saperi dell’altra.

La relazione che cura è sentita e praticata dentro l’ordine simbolico femminile: la relazione violenta e di potere può essere sanata dentro una relazione pari, a cui non va proposta una terapia coatta ma una nuova relazione al cui interno curare le ferite delle disuguaglianze sociali e della prevaricazione maschile.

Questo pensiero e il modello organizzativo che ne discende, richiede, da parte delle operatrici che si occupano di aiutare le donne che hanno subito violenza, un processo di
azzeramento delle categorie e dei codici culturali e professionali preesistenti e delle metodologie tradizionali.

Le autrici si interrogano su come coniugare libertà femminile e servizi liberi, su come costruire percorsi di autonomia per sé e le donne migranti in temporaneo stato di difficoltà, su come trasformare i pensieri in azioni concrete di aiuto, su come affrontare l’ingresso di un maschile anch’esso trafficato, sfruttato e violentato nella dignità umana.

Le pratiche messe in campo sono anche e soprattutto pratiche di resistenza e hanno contrassegnato i confini dell’irrinunciabile.

La pratica della laicità, la pratica dell’autenticità, la pratica della responsabilità, la pratica dell’uguaglianza, la pratica della cooperazione, hanno comportato il prezzo di essere invise ai poteri ma non metterle in atto avrebbe determinato la rinuncia ad ogni possibilità di libertà femminile.

Sulla nostra libertà e autonomia non abbiamo mai trattato ben sapendo che la posta
in gioco non riguardava solo noi ma una modalità di considerare le relazioni tra donne, un modello organizzativo, una politica delle relazioni d’aiuto fondata sulla democrazia delle relazioni.