TARANTO – La diciottesima edizione del Giovanni Paisiello Festival si chiude venerdì 9 ottobre (ore 21) con un concerto nel Teatro Comunale Fusco di Taranto dedicato per larga parte alla celebre aria del compositore tarantino «Nel cor più non mi sento» tratta dall’opera «La Molinara» che il soprano Federica Altomare e il trio strumentale composto da Silvia Grasso (violino), Federica Pellegrini (flauto) e Luigi Trivisano (pianoforte) proporranno nelle tante parafrasi cui questa popolare pagina musicale venne sottoposta nel corso del tempo da musicisti più o meno noti. Pertanto, dopo l’originale di Paisiello, si potranno ascoltare numerose variazioni, a partire da quelle celebri elaborate per pianoforte da Beethoven, del quale quest’anno si celebra il 250esimo anniversario della nascita. Quindi «Nel cor più non mi sento» verrà proposta nella versione (sempre per pianoforte) di Jacques-Louis Battmann e, ancora, in quella per violino e pianoforte di Rodolphe Kreutzer, per soprano di Francesco Morlacchi, per violino di Heinrich Eppingen e per flauto di Gottlieb Heinrich Köhler. Infine, verrà eseguita nelle Variazioni per flauto di Benoit Tranquille Berbiguier l’aria «Io son Lindoro» dal «Barbiere di Siviglia», altra famosa opera di Paisiello. La serata si chiuderà con l’esecuzione delle Romanze da camera per soprano e pianoforte di Saverio Mercadante, l’operista di Altamura del quale quest’anno ricorrono i centocinquant’anni dalla scomparsa.
Nel primo Ottocento, spiega Lorenzo Mattei, direttore artistico del festival organizzato dagli Amici della Musica “Arcangelo Speranza”, i concerti pubblici erano pensati come dei fantasiosi collages che affiancavano arie d’opera, pezzi per singoli strumentisti di grande virtuosismo e parti di concerti e sinfonie. L’improvvisazione giocava un ruolo cardine al loro interno, così come il concetto di variazione su un tema celebre. L’antico genere della variazione in epoca romantica acquista una nuova centralità poiché viene abbinato a quello dello studio e della fantasia. Man mano che il numero delle variazioni aumentava, anche il grado di difficoltà tecnica cresceva e il pubblico amava questo elemento di “rischio” legato ad esibizioni trascendentali. I temi delle variazioni molto spesso privilegiavano celebri arie d’opera. “Nel cor più non ti sento”, l’aria più famosa della Molinara, una delle ultime e più applaudite opere comiche paisielliane, divenne una melodia da salotto, conosciuta non solo in tutt’Europa ma anche a New York e in America del Sud. Molti compositori ne seppero sfruttare la fama a fini commerciali poiché sapevano che variando quella melodia avrebbero di sicuro venduto più copie delle loro opere.
Naturalmente Paisiello diventava in molti casi un pretesto, che “dava il La” a vere e proprie esibizioni di bravura e di forza. Ciò poteva avvenire sulla tastiera di un pianoforte ma anche sulle corde di un violino o su un flauto. L’importante era abbinare una bella melodia a un’esibizione “funambolica”. Anche Beethoven dedicò a questo genere salottiero un omaggio con due piccoli cicli di variazioni su due melodie tratte proprio dalla Molinara, opera che stimava come una delle migliori uscite dalla penna del maestro tarantino. Dai salotti di primo Ottocento derivano anche le splendide variazioni per canto e pianoforte di Morlacchi, operista perugino tra i più importanti durante l’epoca rossiniana che di Paisiello seppe ereditare la verve gestuale e la ricchezza ritmica: non a caso compose un Barbiere di Siviglia per Dresda nel 1816 lo stesso anno in cui andava in scena all’Argentina di Roma quello rossiniano.
Di questo mondo salottiero e sotto certi aspetti superficiale, Saverio Mercadante volle essere il severo riformatore proponendo di elevare la dignità della composizione operistica. Di fatto però anche il maestro di Altamura cedette alle lusinghe del pubblico dei salotti, confezionando romanze e pezzi brillanti anche strumentali. In questa occasione si avrà modo di omaggiare il 150° anniversario della morte di Mercadante (1870) con un’antologia di sue romanze da camera concepite secondo il gusto del patchwork che impronta l’intero recital e che allude alla natura onnivora degli uditorii ottocenteschi. Il melodramma si dirama dunque nella musica strumentale facendo crollare una barriera che solo la recente storiografia ha voluto erigere tra il mondo della vocalità e quello degli strumenti, da sempre profondamente connessi tra di loro. Non stupisce che a Paisiello andasse la maggior parte degli omaggi dei grandi strumentisti ottocenteschi: per quanto le sue opere fossero scomparse, il ricordo della «Nina pazza per amore» e del «Barbiere di Siviglia» avevano dimostrato che già nel XVIII secolo un grande maestro era riuscito a fondere insieme la raffinatezza della strumentazione con la bellezza del canto.
Info biglietti (15 euro platea, 10 euro galleria) Amici della Musica (099.730.39.72).
Il Giovanni Paisiello Festival è sostenuto da Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dall’assessorato all’Industria Turistica e Culturale della Regione Puglia, dal Fondo speciale Custodiamo la Cultura della stessa Regione Puglia e del Teatro pubblico pugliese, dal Comune di Taranto, e con i contributi degli sponsor Ivis Live Your Vision e Conad.