SALENTO – Dal 12 gennaio, con una nuova cadenza settimanale, torna “Sette meno dieci”, rassegna web ideata dall’associazione Diffondiamo Idee di Valore, in collaborazione con Conversazioni sul futuro, Io non l’ho interrotta e Coolclub e condotta dall’imprenditrice sociale Gabriella Morelli e dal giornalista e operatore culturale Pierpaolo Lala. Appuntamento ogni martedì dalle 18:50, in diretta sulle tre pagine Facebook e sul canale YouTube di Conversazioni sul futuro, per parlare di libri, diritti, musica, attualità, storie e molto altro. I primi tre appuntamenti – che ospiteranno la presentazione dei nuovi volumi dell’analista dell’industria dei media Antonio Pavolini (12 gennaio), del giornalista Rai Federico Mello (19 gennaio) e dell’inviata di SkyTg24 Giovanna Pancheri (26 gennaio) – si apriranno con un aggiornamento su “Free Patrick Zaki, prisoner of conscience”, edizione speciale del concorso internazionale di comunicazione sociale “Poster For Tomorrow“ ideata da Amnesty International Italia, da Conversazioni sul futuro e Diffondiamo idee di valore, in collaborazione con il Festival dei Diritti Umani di Milano e l’Associazione Articolo 21, con il patrocinio dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna e con l’adesione di numerose amministrazioni pubbliche, come il Comune di Lecce, e altri partner.
Al centro del primo incontro di martedì 12 gennaio il libro “Unframing. Come difendersi da chi può stabilire cosa è rilevante per noi” di Antonio Pavolini (Ledizioni). L’autore, analista dell’industria dei media, uno dei primi podcaster e blogger italiani, impegnato da diversi anni nell’esplorazione dei nuovi trend e modelli di business della transizione digitale, dialogherà con Donata Columbro, giornalista e socia fondatrice di Dataninja, e Bruno Mastroianni, filosofo, giornalista, consulente per i social media di alcune trasmissioni Rai. L’industria dell’informazione, e più in generale quella dei contenuti, svolge un ruolo essenziale per la qualità della nostra vita sociale. Essa si trova però costretta a obbedire a un vincolo di business che sta producendo danni irreparabili: la necessità di attrarre i nostri occhi (e liberare i nostri dati) verso la pubblicità. Ciò condiziona in modo decisivo la scelta dei temi da approfondire e il frame con cui vengono narrati i fatti. Una scelta che – nonostante la transizione digitale – è ancora nelle mani di poche persone. Perché giornalisti, comunicatori e le altre figure di intermediazione culturale non rispondono più alla loro missione pubblica? Come mai queste professioni non riescono a evolvere oltre la necessità industriale di convogliare la nostra attenzione all’interno di “cornici” ben presidiate? In “Unframing” Antonio Pavolini ci ricorda che occorre individuare nuovi modelli economici per remunerare l’industria dei media, oppure saranno i fruitori di contenuti a dover correre ai ripari, imparando da soli a “rompere la cornice”. Vecchi palinsesti e nuovi algoritmi ci stanno sempre più imprigionando: siamo in una “ruota del criceto” e dobbiamo capire tutti insieme, dai decisori ai consumatori, come venirne fuori.