SALENTO – In seguito allo smantellamento dell’abitato di Roca, avvenuto nel 1544, perché divenuta un covo di pirati, dopo alcuni rifiuti e tentennamenti alcuni abitanti fondarono un nuovo villaggio a circa 4 chilometri dal precedente insediamento, nell’entroterra. In ciò furono aiutati economicamente dal Re di Napoli e dal Vescovo di Lecce. Il nome scelto per il nuovo villaggio fu Roca Nuova, in ricordo della vecchia Patria.
I lavori ebbero inizio presumibilmente nella prima metà del XVI secolo e terminarono intorno alla fine del secolo stesso. L’architrave della Chiesa di San Vito reca come anno il 1589. In merito al progetto, secondo taluni va attribuito a Gian Giacomo dell’Acaya, secondo altri a Giovanni Tommaso Scala. Il nuovo casale risultava composto da quattro blocchi di abitazioni con al centro la piazza del mercato in cui spiccava il Castello Baronale cinquecentesco e la Chiesa di San Vito tuttora visibili. Vi erano inoltre tre pozzi per l’approvvigionamento idrico, un frantoio ed una Piazza d’Armi. Da una mappa dell’epoca risulta che il maniero e la Chiesa di San Vito erano collegate da un ponte non più esistente munito di un passaggio coperto, che consentiva ai Signori di accedere direttamente alle funzioni religiose.
Il castello consiste in un semplice torrione a pianta quadrangolare che purtroppo, nel corso degli anni è stato spogliato dei muri del primo piano, a causa dell’ignoranza umana. Al pianterreno esiste un locale, un tempo adibito a prigione, sui cui muri è possibile osservare diverse incisioni ed iscrizioni, prevalentemente navi, uomini o mani, fatte dai prigionieri. Sia il castello, sia le torri di guardia, ma anche diverse abitazioni di Roca Nuova presentano i muri bastionati e scarpati secondo le tecniche architettoniche militari dell’epoca. Nel complesso si trattava di una cittadella fortificata, capace di potersi difendere dalle incursioni provenienti dai pirati, munita di caditoie e di bocche da fuoco.
Roca Nuova fu abbandonata dai suoi abitanti nella seconda metà del XIX secolo a causa di diversi motivi, rimanendo nella più totale rovina sino a quando, nella seconda metà degli anni ’90 del XX secolo fu acquistata dal Comune di Melendugno, ristrutturata e resa fruibile per manifestazioni culturali.
Cosimo Enrico Marseglia