E’ boom in Puglia per la coltivazione di grani antichi, come il grano Cappelli, che quintuplica le superfici coltivate, trainato dal crescente interesse per la pasta 100% italiana e di qualità grazie alla svolta green e salutista dei consumatori con l’emergenza Covid. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti Puglia, sulla base dei dati di Consorzi Agrari d’Italia e Sis, società leader nel settore sementiero.
Un trend che ha determinato – rileva Coldiretti Puglia – la rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato anche grazie all’opera delle cooperative come la Agricoltà di Taranto che in questi anni ha avviato un percorso di filiera con grano 100% italiano con la Sis.
“Gli agricoltori per una giusta remunerazione sono pronti ad aumentare la produzione di grano duro dove è vietato l’uso del glifosate in preraccolta, a differenza di quanto avviene in Canada ed in altri Paesi. Sarebbero improbabili e dannosi per il tessuto economico del territorio percorsi di abbandono e depauperamento dell’attività cerealicola che deve puntare sull’aggregazione, essere sostenuta da servizi adeguati, scommettendo esclusivamente su varietà pregiate, riconosciute ormai a livello mondiale”, afferma Alfonso Cavallo, presidente di Coldiretti Taranto.
Le migliori varietà di grano duro selezionate, da Emilio Lepido a Furio Camillo, da Marco Aurelio a Massimo Meridio fino al Panoramix e al grano Maiorca, sono coltivate dagli agricoltori sul territorio pugliese che produce più di 1/4 di tutto il frumento duro italiano – aggiunge Coldiretti Puglia – con l’allarme globale provocato dal Covid che ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza.
“In provincia di Taranto sono 10mila gli ettari coltivati a grano duro per 300mila quintali di produzione media. Per quanto riguarda l’industria alimentare – ricorda il presidente Cavallo – dal 1991 è stata importante la crescita della dimensione media in addetti, soprattutto nella lavorazione e conservazione di paste alimentari”.
Gli acquisti di pasta fatta al 100% di grano made in Italy – sottolinea la Coldiretti – sono cresciuti ad un ritmo di quasi 2 volte e mezzo superiore a quello medio della pasta secca anche per effetto dello smart working e del lungo lockdown per combattere l’emergenza covid che ha costretto i cittadini in casa. Il risultato è che già oggi un pacco di pasta su 5 venduto al supermercato – precisa Coldiretti – utilizza grano duro coltivato in Italia, con la Puglia leader nella produzione dove si stima per la campagna ancora in corso un calo del 45% a causa del clima pazzo per le gelate e la siccità, ma di qualità ottima.
Si registra – sottolinea la Coldiretti Puglia – uno storico ritorno al passato rispetto alle prime fasi dell’industrializzazione e urbanizzazione del Paese quando la conquista della modernità passava anche dall’acquisto della pasta piuttosto che dalla sua realizzazione in casa. Una tendenza – precisa la Coldiretti regionale – confermata dal boom delle pubblicazioni dedicate, dalle chat su internet, dal successo delle trasmissioni televisive e dai corsi di cucina anche nei mercati e negli agriturismi di Campagna Amica, dove i cuochi contadini preparano pasta semplice o ripiena fatta in casa con il matterello, perché con la riscoperta della genuinità come valore, il fatto in casa – continua la Coldiretti – torna a valere di più del prodotto acquistato.
“La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra con anni di disattenzione e abbandono che nell’ultimo decennio – conclude il presidente Cavallo – hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente, dalla concorrenza sleale delle importazioni dall’estero soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese”.
La Puglia è il principale produttore italiano di grano duro, con 360.000 ettari coltivati e 9.990.000 quintali prodotto e valore della filiera della pasta in Puglia pari a 542.000.000 euro.
Una situazione aggravata dalla concorrenza sleale delle importazioni – ricorda la Coldiretti Puglia – che con l’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada (CETA) nel 2020 le importazioni di grano canadese in Italia sono aumentate del 70% rispetto all’anno precedente per un totale di circa 1,7 miliardi di chili ma il problema – insiste la Coldiretti – riguarda anche fagioli, lenticchie e ceci provenienti soprattutto da Paesi come gli Stati Uniti e il Canada dove vengono fatti seccare proprio con l’utilizzo del glifosato.