Giovedì 21 ottobre il progetto “Dopolavoro con l’Archeologo – Birretta culturale” prosegue a Cavallino

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CAVALLINO (Lecce) – Giovedì 21 ottobre dalle 18 (ingresso 5 euro) nel Museo diffuso di Cavallino con “Il lavoro femminile ieri e oggi” prosegue il progetto “Dopolavoro con l’Archeologo – Birretta culturale”, un ciclo di incontri tematici incentrati sul binomio “archeologia e attualità” con degustazioni di birre artigianali, promosso dall’associazione 34° Fuso, finanziato dalla Regione Puglia nel Programma straordinario in materia di cultura e spettacolo, in collaborazione con vari musei archeologici pugliesi e numerosi partner. Dopo il tour guidato del Museo, il sesto appuntamento ospiterà gli interventi di Corrado Notario (archeologo) e Roberta Bruno (presidente della Società Cooperativa Agricola Karadrà). Durante la conversazione, moderata dalla giornalista e scrittrice Loredana De Vitis, i partecipanti potranno degustare una birra artigianale a chilometro zero e riceveranno un kit per conoscere le collezioni archeologiche in modo non convenzionale, così da rendere i contenuti più accessibili e coinvolgenti.

Inaugurato nel 2003, il Museo Diffuso di Cavallino nasce per la ferma volontà dell’Università del Salento e dell’Amministrazione Comunale di Cavallino che ne hanno commissionato il progetto e lo hanno realizzato utilizzando finanziamenti europei (P.O.R.). L’iniziativa si inserisce in una precisa politica che ha posto al centro della sua azione la tutela e la valorizzazione dei Beni Culturali del Territorio comunale, in stretta collaborazione con l’Università. I percorsi allestiti all’interno del Museo mostrano le emergenze archeologiche, il paesaggio rurale e le trasformazioni operate dall’uomo nel territorio nel corso dei secoli. Una grande costruzione in carpenteria metallica, coperta con una struttura in policarbonato, ne costituisce l’ingresso. Salendo sulla sommità di questa piattaforma (un vero “balcone sulla storia”) è possibile abbracciare con lo sguardo l’intero sito. Il Museo Diffuso è un Museo del paesaggio, in cui si conservano tutti gli aspetti distintivi: non solo i resti archeologici ma anche le costruzioni rurali, i muri a secco, la flora spontanea.

 

Il Museo comprende al suo interno un importante insediamento messapico racchiuso da una grande opera di fortificazione. Le mura abbracciano un’area di circa 69 ettari di terreno ed hanno uno sviluppo di 3100 metri. Le strutture antiche sono costruite sul banco di calcarenite (la cosiddetta pietra leccese) in gran parte affiorante, nel quale è scavato il fossato, largo in media 3,50 metri e profondo metri 2,50, che costituisce allo stesso tempo l’area di cava per l’estrazione dei blocchi con cui è realizzata la fortificazione. La zona più settentrionale dell’abitato viene racchiusa da due altre cerchie murarie, realizzate con la medesima tecnica costruttiva. Le mura di cinta hanno uno spessore variabile tra i 3,50 e i 4 metri, a seconda delle zone, con un paramento esterno a grandi blocchi appena sbozzati ed uno interno realizzato con pietre di minori dimensioni. All’interno il riempimento è costituito da gettate di terra, pietre e schegge di calcare. L’impianto della città arcaica, a cui appartiene la fortificazione, si sovrappone ad insediamenti di epoca precedente. Il primo, che dai dati oggi disponibili sembra essere in gran parte concentrato nell’area settentrionale della zona archeologica, è costituito da un villaggio di capanne dell’età del Bronzo (XVI-XV sec. a.C.), in parte tagliato dallo scavo del fossato di età arcaica. Per un lungo arco di tempo l’area viene abbandonata. Nell’VIII secolo a.C. si assiste ad una rioccupazione del sito, con la costruzione di capanne a pianta ovale o absidata, sparse in quasi tutta l’area che verrà in seguito occupata dall’abitato di età arcaica. Con la costruzione della cinta fortificata alla metà del VI secolo a.C., l’abitato di Cavallino assume caratteri che sono stati definiti protourbani. L’area interna della città è solcata da una serie di assi stradali che sembrano convergere dalle varie porte aperte nella fortificazione, verso una grande area centrale all’insediamento, interpretata come grande piazza pubblica. Poco distante una grande depressione naturale del terreno (probabilmente una dolina) forma una specie di bacino naturale (la zona oggi chiamata Cupa), verso cui convergono molte delle canalizzazioni di drenaggio, in parte scavate nel banco roccioso e in parte costruite con blocchi di calcare. Particolare importanza sembra avere l’asse viario che taglia la città da Nord a Sud, partendo dalla porta di Nord Est. Lungo gli assi stradali si dispongono i quartieri di abitazione; a volte le case si affacciano sulle strade con una certa regolarità (fondo Pero, fondo Sentina), mentre in altri casi le strade sembrano dividere delle aree in cui gli edifici si dispongono attorno a degli spazi aperti, senza seguire alcun criterio di ortogonalità (fondo Casino). Forse in questi quartieri continuavano a vivere gruppi familiari unitari, veri e propri clan, che disponevano le loro abitazioni in uno spazio comune, probabilmente gravitante intorno alla residenza del personaggio più importante del gruppo. Il rinvenimento di alcuni frammenti di elementi architettonici decorati, in calcare locale, permette di ipotizzare la presenza, all’interno della città, di edifici di carattere pubblico o cultuale. L’abitato arcaico di Cavallino, al momento della sua massima espansione, viene improvvisamente colpito da una grave crisi che ne provoca un rapido abbandono, entro il primo trentennio del V secolo a.C.. Tutto fa pensare ad una distruzione violenta dell’insediamento: le mura di fortificazione sono distrutte e rovesciate all’interno del fossato, stesso luogo dove vengono gettati i cippi, dopo essere stati spezzati volontariamente; i muri delle abitazioni recano tracce di bruciato, le cisterne vengono riempite di pietre in modo da non poter più essere utilizzate. Da questo momento in poi nell’area sono attestate solo sporadiche frequentazioni (tra V e III secolo a.C.), rappresentate dalla presenza di sepolture scavate nei crolli delle abitazioni di età arcaica, che indicano come ormai la città fosse abbandonata e dovesse far parte del territorio dei centri vicini come Rudiae e Lupiae.

Il progetto “Dopolavoro con l’Archeologo – Birretta culturale” è finanziato dalla Regione Puglia, attraverso il Programma straordinario in materia di cultura e spettacolo per l’anno 2020 e vede la collaborazione fra 34° Fuso, associazione proponente, e i musei archeologici coinvolti nelle attività (Museo Diffuso di Cavallino dell’Università del Salento, Museo Archeologico Sigismondo Castromediano, MUSA – Museo Archeologico dell’Università del Salento di Lecce, Area Archeologica di Roca Vecchia/Melendugno, Parco dei Guerrieri e Museo di Vaste, Museo Civico P. Cavoti di Galatina, Museo del Mare Antico e il Museo della Preistoria di Nardò). Altri partner coinvolti nell’iniziativa sono The Monuments People APS, M(u)ovimenti, La Capagrossa Coworking, Cooperativa Sociale Orient-Occident; Aps Terre Archeorete del Mediterraneo, Associazione Culturale Articolo 9.