Compagnia Diaghilev, “Manigold!” da martedì 8 febbraio in Vallisa a Bari

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BARI – Pier niente malvagio, ma con le mani d’oro: «Manigold!», per dirla col titolo dello spettacolo che Renato Curci porta in scena nell’ambito della rassegna «Teatro Studio» della compagnia Diaghilev all’auditorium Vallisa di Bari, con debutto martedì 8 febbraio alle ore 21 (repliche dal 9 al 13 e dal 15 al 19 febbraio, la domenica alle ore 19). Firmato con Hugo Suarez e Ana Santa Cruz dallo stesso Curci, interprete e regista con Carmine Basile e Deianira Dragone, «Manigold!» è un insieme di storie brevi e comiche quasi senza parole, realizzate utilizzando tutte le possibilità espressive del corpo, a partire dalle mani. Lo spettacolo si sviluppa, infatti, attraverso un originale percorso teatrale e visuale fuori dai canoni classici, ricco di suoni vocali, dove a predominare sono la fantasia e l’ironia. Niente lunghe trame, ma solo una sottile tensione morale unita alla voglia di stupire per condurre in un mondo di magia senza tempo, con un’unica finalità: trasmettere emozioni.

Oltre ad essere una dimostrazione di abilità teatrale, «Manigold!» è frutto di uno studio decennale nel mondo dei clown e delle altre arti sceniche. «Il nostro teatro – spiega Curci – si basa su un’intuizione tecnica: l’associazione di parti del corpo ad oggetti, ai quali viene aggiunto l’uso non verbale della voce, tecnica che ci permette di creare personaggi anche solo con una scarpa o un fazzoletto, ma anche attraverso l’esasperazione di caratteristiche del reale e dell’umanità, in genere destinate a passare inosservate».

Un dato universale ci accomuna tutti: il tran-tran quotidiano, quella consuetudine che provoca disamore per la vita, ma parallelamente ci fa ricercare la felicità. Ed è qui che s’inserisce il lavoro dei teatranti, soprattutto quello dei comici, che da sempre hanno il compito di curare le anime, senza pretendere alcun ruolo salvifico dell’arte. «Per questo ci battono le mani – dice Curci – perché restituiamo gioia e voglia di vivere alla gente. E questo è il senso del nostro lavoro: renderci utili anche dove il “comico” può sembrare superfluo».