LECCE – Venerdì 13 maggio, alle ore 18.30, è stata inaugurata, nelle sale al piano terra del Must – Museo Storico della Città di Lecce, la mostra “Francesco De Matteis (1852-1917)”, la prima mostra in sede scientifica dedicata allo scultore leccese che fece grande fortuna a Napoli.
Organizzata dal Must in collaborazione con il Laboratorio Territorio, Arti Visive e Storia dell’arte Contemporanea (TASC) del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, la mostra – curata dalla direttrice del Must Claudia Branca e dal responsabile scientifico del Tasc Massimo Guastella (responsabile scientifico anche del catalogo) – potrà essere visitata fino al 13 settembre negli orari di apertura del Must (dal martedì alla domenica dalle 10 alle 21, ticket d’ingresso: 5,50 intero, 3,50 ridotto).
Il progetto espositivo – che si compone di 52 opere che comprendono prevalentemente sculture in bronzo o terracotta e un paio di bozzetti – mira a inquadrare dialetticamente la produzione di De Matteis nell’ambito dei comuni linguaggi e delle poetiche espresse nel vasto panorama della cultura artistica verista contemporanea.
La mostra è corredata da un catalogo (Edizioni Grifo), a cura di Massimo Guastella, con interventi dello stesso Guastella, Isabella Valente, Federica Coi, Diego Esposito e Lia De Venere, e apparati a cura di Rosanna Carrieri, Erika Presicce, Alessia Brescia e Alessandra Roselli.
Francesco De Matteis nacque a Lecce il 25 febbraio 1852, e dopo i primi rudimenti nelle botteghe
leccesi (presso il laboratorio della cartapesta di Achille De Lucrezi) avviò i suoi studi a Napoli, frequentando l’Istituto di Belle Arti, dove si stabilì inserendosi in quel cenacolo artistico che era solito riunirsi tra l’antico Caffè d’Europa e il Gambrinus. Soggiornò brevemente anche a Parigi, per fare ritorno nella città partenopea. Non amava l’arte monumentale e la statuaria di grande formato, prediligendo un filone narrativo paesano e bozzettistico. Le sue vivaci operine erano singole figure o gruppi suggeriti da spunti e personaggi colti tra i vicoli napoletani: scugnizzi che giocano, bande di musici di varie composizioni (Piedigrotta) e suonatori di chitarra o mandolino, venditori, acquaiole, pagliacci e attrazioni circensi o toreri vagheggiati, oggi presenti in raccolte pubbliche (nel territorio salentino: Must e Museo Castromediano di Lecce, Pinacoteca Giannelli a Parabita) e private italiane.
La sua produzione si caratterizza per una personale cifra stilistica, espressa in terrecotte e bronzetti, già al suo tempo contesa da amatori, collezionisti e mercanti d’arte. Fece ritorno per un breve periodo a Lecce, dedicandosi nella città d’origine all’attività decorativa, svolta nei palazzi Carrozzini e Garzya–Famularo, e alla realizzazione del busto di Gioacchino Toma che fu inaugurato nel 1898. Minato dall’inconsolabile dolore per la perdita dell’unica figlia, si sottrasse alla vita pubblica nell’ultimo ventennio della sua vita. Morì a Napoli nel 1917.
La prima nota critica su De Matteis la compilò Enrico Giannelli che, nel suo volume “Artisti napoletani viventi” (1916), riservò all’artista salentino un breve profilo biografico e artistico, sulla sua formazione, sulla partecipazione alle pubbliche esposizioni, con le commissioni e un primo elenco della produzione scultorea. Così scriveva Giannelli: «Le sue piccole figure, i suoi gruppetti deliziosi, riproducenti quasi tutti costumi napoletani, avevano una caratteristica speciale, erano riconosciuti anche da lontano, a prima vista, senza bisogno di dare uno sguardo alla firma».