PUGLIA – Con una prima assoluta dell’opera multimediale «Anteros (dell’amore ricambiato)» di Gianvincenzo Cresta, compositore dalla carriera brillantissima e con esperienze internazionali all’Ircam e all’Opéra Bastille di Parigi, al Mozarteum di Salisburgo e alla Biennale Musica di Venezia, venerdì 23 settembre (ore 20.30) s’inaugura al Teatro Kismet di Bari la quattordicesima edizione di Anima Mea diretta da Gioacchino De Padova, che sino al 26 ottobre propone a Bari, Trani e Palo del Colle otto produzioni per ventidue concerti (tra serali e matinée per le scuole) pensati musicalmente tra due mondi e sette secoli.
Nell’opera «Anteros», le relazioni amorose cui rimanda la figura mitologica del titolo, vengono toccate fondendo suono acustico, elaborazioni in live electronics, danza contemporanea e video installazione in un progetto nel quale sono coinvolti diversi artisti ed enti di prestigio: il Quartetto Felix, formazione composta da Vincenzo Meriani (violino), Francesco Venga (viola), Matteo Parisi (violoncello) e Marina Pellegrino (tastiera), cui si affianca il chitarrista elettrico Massimo Felici, cofondatore e codirettore artistico del Ritratti Festival di Monopoli, i sound designer Damiano Meacci e Giovanni Magaglio di Tempo Reale, l’istituto di ricerca sonora fondato a Firenze da Luciano Berio, i danzatori Marianna Miglio e Moreno Guadalupi per i quali le coreografie sono state elaborate da Elisa Barucchieri della compagnia ResExtensa di Bari, gli artisti visuali Audrey Coïaniz e Saul Saguatti cui si devono le video scenografie curate per la Basmati Film di Bologna, e il Grame, il centro nazionale di creazione musicale di Lione, in Francia, oltre all’esperta di letteratura greca Tiziana Drago, autrice di un testo affidato alla voce di Carlo Bruni.
«Anteros», dal nome del dio dell’amore ricambiato che è anche vendicatore dell’amore non corrisposto, è un viaggio in tre parti nell’inquietudine («Profumo e risonanza»), nella Bellezza («Lo sguardo incrociato») e nel desiderio d’infinito («Verso lo sconosciuto») determinati dallo slancio febbrile dell’amore, che può suggellarsi nella reciprocità ma anche negarsi in uno sguardo tradito e traditore. Per cui, a partire dalla figura mitologica che ha ispirato l’autore, e dentro uno spazio scenico abitato da umanoidi e figure divine cui fanno riferimento danzatori e sculture luminose, «Anteros» racconta per suoni e immagini una storia che riguarda tutti, avendo come linea guida varie letture, tra cui le parole del poeta persiano e mistico sufi Jalal al-Din Muhammed Rumi e quelle tratte da «Cinque meditazioni sulla bellezza» dello scrittore cinese, naturalizzato francese, François Cheng. Parole che non parlano, perché qui vengono trattate, accanto ai corpi e alle figurazioni, esclusivamente in funzione sonora, come vettori di svelamento di un’intenzionalità.
La musica, che si fa tutta slancio all’inizio, in una corrispondenza col desiderio nascente, supera i toni dell’inquietudine nel momento dell’abbraccio tra i due amanti per assumere una dimensione sospesa nell’incontro con un mare emblematico del rapporto tra uomo e natura. Un mare che, soltanto per un attimo, si macchia di sangue per ammonirci sulla necessità di guardare l’altro per non tradire se stessi. Perché ogni sguardo ricambiato è bellezza e rivelazione.