Sabato 10 dicembre il debutto di “Morte a Venezia” nella stagione di prosa del Teatro Piccinni di Bari

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BARI – Allude al compositore Gustav Mahler il Gustav Aschenbach ritratto da Luchino Visconti nella trasposizione cinematografica del racconto «La morte a Venezia» di Thomas Mann, nel quale il protagonista è, invece, uno scrittore. Ed è anche per questo motivo che per il suo «Morte a Venezia», al debutto sabato 10 dicembre (ore 21) al Piccinni di Bari, per la stagione teatrale del Comune organizzata con il Teatro pubblico pugliese (si replica solo domenica, alle 18), Paolo Panaro abbia scelto la formula dello spettacolo-concerto. In questa nuova produzione della compagnia Diaghilev con le scene di Tommaso Lagattolla e le luci di Peppino Ruggiero, Panaro firma adattamento e regia per farsi interprete lui stesso di quest’elegia sulla fine di un mondo, intrecciando il racconto del grande romanziere, premio Nobel per la letteratura nel 1929, con alcune tra le più belle pagine della letteratura pianistica di Rachmaninov, Beethoven e Chopin, nella cui interpretazione sarà impegnato l’ucraino Alexander Romanovsky, premio Busoni nel 2001 (a soli diciassette anni) e concertista di fama internazionale con esibizioni nei più importanti teatri del mondo, dalla Scala di Milano alla Royal Albert Hall di Londra al Teatro degli Champs-Élysées a Parigi.

Il romanzo di Mann è un affresco dell’Europa alle soglie della Prima Guerra Mondiale, vista attraverso un breve periodo dell’esistenza di uno scrittore tedesco, il quale, stanco dell’austerità della propria vita e del rigore con cui, per anni, ha affrontato l’impegno artistico, decide di passare qualche settimana al mare, al Lido di Venezia. Così, Gustav Aschenbach si trasferisce nell’elegante Hotel des Bains, frequentato da viaggiatori provenienti da ogni parte d’Europa. Fra gli ospiti incontra Tadzio, un ragazzo polacco in vacanza con la famiglia. Lo scrittore ne rimane affascinato e cade in preda a una passione che presto si trasforma in ossessione. Un giorno, per caso, il protagonista scopre che il colera è arrivato in città e che le autorità lagunari stanno facendo di tutto per tenere nascosta la notizia. Venezia sprofonda nel contagio e nella morte, segnando, al contempo, il tramonto della tradizione culturale del vecchio continente. Aschenbach, affaticato, contempla per l’ultima volta la misteriosa, abbagliante e fatale bellezza di Tadzio che, nella luce del mattino, gli indica un punto lontano all’orizzonte, mentre le magnificenze architettoniche della città lagunare e l’odore putrido del mare, la vivacità del variopinto popolo veneziano e l’insopportabile afa del mortifero scirocco, fanno da sfondo al più classico dei conflitti, in un’antitesi fra passato e nuovo, vecchiaia e gioventù, esperienza e innocenza.