“Verdi in Jazz”, sabato nel foyer con “Nicola Andrioli Trio”

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BRINDISI – Un concerto nel foyer del Nuovo Teatro Verdi di Brindisi. Il terzo appuntamento del festival “Verdi in Jazz” – in programma sabato 7 gennaio alle ore 19 – vede protagonista il Nicola Andrioli Trio in “Skylight”, una fusione di energia tra un calice di vino e una rotta sonora che valorizza la creatività e la personalità degli artisti in scena. Il biglietto costa 12 euro – disponibile in botteghino e online sul circuito Vivaticket alla pagina rebrand.ly/Andrioli. Il festival è organizzato dal Teatro Pubblico Pugliese e dalla Fondazione Nuovo Teatro Verdi ed è parte integrante dell’offerta del politeama brindisino per la stagione 2022-23, un viaggio trasversale nel carattere multidisciplinare del teatro. Il terzo concerto di “Verdi in Jazz” sarà anche un incontro tra la musica e il vino offerto al pubblico da Cantina San Donaci.

 

Il nuovo anno comincia nel segno delle esplorazioni Jazz di Nicola Andrioli che presenta “Skylight”, un concerto che esalta l’istantaneità ritmica in un paesaggio emotivo di suoni, colori e passioni tra melodie trascinanti e atmosfere filmiche. “Skylight” è fatto di virtuosismi che non fanno mistero di una straordinaria facilità strumentale regalando la libertà di esplorare ritmiche inattese. Una serata piena di momenti intensi e di grande musica. Andrioli, protagonista dell’attuale scena jazz belga e internazionale, propone un programma in cui apertura a linguaggi diversi, sperimentazione, groove e improvvisazione animano un suono ricco ed eterogeneo. I pezzi, composti e arrangiati dall’artista brindisino, accompagnano lo spettatore in un dialogo intenso fra delicatezza sonora, intensità ritmica, virtuosismo strumentale e sperimentazione tecnologica.

“Skylight” – dal titolo dell’ultimo lavoro discografico – è frutto di un lavoro lungo, meticoloso e articolato. Lirismo melodico, luminosità delle armonie, allusioni al rock, al blues, all’afro jazz, una tavolozza di colori estremamente ampia e momenti di vertiginosa interpretazione, forgiano uno spazio sonoro di grande carica contemplativa. Il risultato è un ascolto emozionante, denso di tecnica, espressione, rischio e creatività. Con Nicola Andrioli al piano, synths e composizioni, nel trio anche Federico Pecoraro al basso elettrico e Adrien Verderame alla batteria. Il synth è stato il primo amore di Nicola Andrioli: poi è subentrato il pianoforte, classico e quindi jazz, ma, durante un recente concerto con Philip Catherine, Stéphane Galland, batterista atipico, e Federico Pecoraro, bassista a suo agio tanto nel pop quanto nel jazz fusion, Andrioli è tornato sui sentieri sonori delle tastiere elettriche realizzando una scrittura piena di sfumature, sorprese e singolarità. Note blu, un tocco di romanticismo e di rock atmosferico fanno del concerto un viaggio nei mondi inattesi e immaginifici della musica.

 

Figlio d’arte, nato a Brindisi nel 1977, Nicola Andrioli si è specializzato in musica contemporanea e nel repertorio di Maurice Ravel prima di seguire il percorso Jazz. È entrato a far parte del Conservatorio Nazionale di Parigi, quindi del Conservatorio Reale di Bruxelles, dove ha completato il suo percorso master. In breve volgere di tempo ha cominciato a condividere il palco con grandi musicisti internazionali come Paolo Fresu, Billy Hart, Kenny Barron, Enrico Pieranunzi, Enrico Rava, David Linx, Henry Texier, Archie Shepp, Mark Turner e Stefano Battaglia. Ha registrato album con il trio di Philip Catherine, il sassofonista Stéphane Mercier, il chitarrista Lorenzo Di Maio e anche con il suo quartetto. È finalista in numerosi concorsi come il Montreux Jazz Piano Festival, il Martial Solal Jazz Piano Competition (Parigi) e ha vinto l’International Jazz Piano Competition “Luca Flores” in Italia.

 

L’incrocio tra musica Jazz e vino ha sempre suscitato un fascino singolare, una consonanza di emozioni e gusto che offre agli spettatori una molteplicità di punti di contatto. Nel segno delle armonie possibili. Dunque, il Jazz è come il vino. Entrambi segnano rivoli imprevedibili seguendo lo stesso stesso percorso storico e creativo. Mondi cosmopoliti, a stento collocabili, che articolano parole di una lingua senza geografie ma piena di note e di aromi: quella del suono e del gusto. Sta a ciascuno spettatore dividere e ricomporre accenti e sapori fino a elaborare una propria esperienza, sensoriale e originale. Elvin Jones, il più grande batterista ritmico del mondo, diceva che «Il Jazz è una filosofia di vita che coincide con la voglia di sorridere. È essere onesti con se stessi: una meravigliosa debolezza». Al pari del vino, che fa di tante diversità, talvolta di tante imperfezioni, la sua vera bellezza.