BARI – È stato presentato oggi, nella sala giunta di Palazzo di Città, alla presenza del sindaco Antonio Decaro e dell’assessora alle Culture Ines Pierucci, il volume “La Bari che fu. Passeggiando nella ruralità perduta”, una pubblicazione curata dall’associazione Gens Nova odv e dedicata ai principali siti storici presenti nell’area rurale della Città metropolitana di Bari.
L’opera consiste in una mappatura di 49 siti storici – pagliai, casini, masserie, ville, torri e chiese rurali – del territorio metropolitano che presentano peculiarità tipiche della nostra ruralità dal punto di vista economico, sociale e culturale, ed è stata realizzata da Gens Nova con la collaborazione dei referenti tecnici Marina Pirrelli e Cristiano Scardia.
“Il mio più sentito ringraziamento va oggi a Gens Nova, all’avvocato La Scala e ai volontari dell’associazione – ha detto il sindaco Decaro – per il prezioso lavoro che quotidianamente svolgono attraverso un impegno costante sul territorio, in questo caso rivolto al nostro patrimonio storico e architettonico che versa in condizioni di abbandono, come testimoniano le immagini e le schede dei manufatti contenute nella pubblicazione che presentiamo. Questa bella iniziativa dimostra che l’amministrazione non esercita da sola l’azione di governo del territorio, ma collaborando strettamente con i cittadini secondo quel principio di sussidiarietà previsto dalla nostra Costituzione e messo in atto da associazioni e comitati civici, che sono l’ossatura portante della nostra comunità. Questo volume, in particolare, consente all’amministrazione di avere idee più chiare sulla consistenza del patrimonio immobiliare diffuso nelle nostre campagne, da valorizzare attraverso l’indispensabile intervento dei privati. A tal proposito voglio ricordare la storia del complesso di Villa Giustiniani, che l’amministrazione è riuscita ad acquisire al patrimonio comunale nell’ambito di un accordo di programma e che è stata poi candidata a un bando regionale con l’obiettivo di trasformarla in un museo degli ipogei, strutture sotterranee numerose qui a Bari. Concludo sottolineando, ancora una volta, il valore di questo impegno costante e disinteressato delle associazioni in favore della comunità, che rappresenta un valore aggiunto per chiunque sia chiamato al governo di un territorio”.
“Questo progetto è perfettamente in linea con le attività culturali che Gens Nova si prefigge – ha spiegato Antonio Maria La Scala -: per questa ragione, abbiamo istituito qualche anno fa un nucleo di volontari dedicato alla tutela ambientale, segnalando tra l’altro diverse discariche abusive rinvenute nel territorio del Barese. Nell’ambito di questa attività, abbiamo casualmente scoperto alcune masserie, piccole fortezze, case rurali, ipogei, di una bellezza straordinaria ma purtroppo in stato di degrado e di abbandono. Due tra tutte: la masseria Caffarelli e la masseria Dottula. Tengo a precisare, però, che non si tratta di un problema che il pubblico può risolvere da solo, perché si tratta comunque di immobili privati, ai quali i proprietari, per svariate ragioni, non assicurano adeguata manutenzione. Basterebbe che solo un quarto di questi fabbricati fosse rimesso in sesto per salvare un patrimonio storico e culturale di valore inestimabile per il nostro territorio. Per salvare questi immobili dall’oblio e dalla distruzione, si potrebbe pensare, appunto, ad accordi di valorizzazione con i proprietari”.
“L’amministrazione – ha detto Ines Pierucci – è ben lieta di partecipare alla presentazione di questo progetto, unico per la nostra città perché racconta una storia narrata da volontari armati solo di macchina fotografica, una storia bella e, per certi versi, controversa della quale noi, come amministratori, dobbiamo tener conto. Gens Nova, associazione attiva nel settore della giustizia sociale e della legalità con la quale collaboriamo da anni, ha avuto il merito di guardare da vicino il nostro patrimonio culturale, attraverso l’analisi precisa di tanti siti rurali, alcuni sconosciuti ai più, e dei quali cercheremo di riappropriarci, se non altro dal punto di vista culturale, visto che si tratta di beni perlopiù privati e comunque sottoposti a vincolo. Senza escludere che per alcuni dei beni mappati si possa individuare un percorso di valorizzazione da attuare con accordi pubblico-privati e il coinvolgimento della Soprintendenza, mi preme sottolineare come proprio grazie alla collaborazione dei cittadini una comunità può riappropriarsi della propria storia e della propria cultura”.