Ritratti Festival di Monopoli, l’America di Arciuli tra canzoni di sesso e guerra

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Secondo anno di residenza artistica al Ritratti Festival di Monopoli per il pianista pugliese Emanuele Arciuli, l’italiano considerato a pieno titolo il più grande interprete di musica americana. Dopo il progetto dello scorso anno «United People Will Never Be Defeated», il musicista ha avuto anche quest’anno carta bianca dalla direttrice artistica Antonia Valente. E martedì 25 luglio (ore 21), nel chiostro di Palazzo San Martino, presenta «Simple Songs About Sex & War», recital che prende il titolo da cinque canzoni del compositore statunitense William Duckworth: un programma di musica contemporanea incentrato (quasi) tutto sugli autori americani, in esclusiva per il Ritratti Festival. Un programma nella cui esecuzione il pianista ha coinvolto il soprano Veronica Pompeo, il violinista Lorenzo Rovati e il percussionista Igor Caiazza in varie combinazioni di organico.

Il concerto si aprirà, infatti, con un pezzo giovanile di John Cage per pianoforte solo, «In a Landscape», opera del 1948 che segna una netta presa di distanze da ogni tradizione pianistica con quel lentissimo susseguirsi di note semplici, sempre singole e tutte con lo stesso ritmo. Quindi, si ascolteranno le versioni parodistiche di alcune canzoni dei Beatles che l’olandese Louis Andriessen realizzò negli anni Sessanta per la cantante Cathy Berberian, con adattamenti che alludono a Gabriel Fauré, Henry Purcell, Ravel e agli stili barocchi.

Dopo «Beatles Songs» l’impaginato prevede un pezzo del compositore di Philadelphia, classe 1960, Aaron Jay Kernis: si tratta di «Air per violino e pianoforte», brano commissionato all’autore da Joshua Bell nel 1996, mentre la successiva «Streets of Berlin» di Philip Glass, uno dei padri del minimalismo americano, è ancora oggi tra i cavalli di battaglia della cantante tedesca Ute Lemper.

Si arriva, così, a «Simple Songs about Sex and War», canzoni in cui la poetica di William Duckworth si confronta con l’ironia, la sensualità e la leggerezza dei versi di Hayden Carruth attraverso una rielaborazione sonora dell’industrial rock, del punk e dell’hard rock, tra teatralizzazione e distopia. Chiusura di concerto con il «Varied Trio per violino, percussioni e pianoforte» licenziato nel 1987 dal compositore di Portland, Lou Silver Harrison, il quale aveva originariamente concepito il brano per quintetto. Suddiviso in cinque parti, il «Varied Trio» prevede l’utilizzo, in particolare di pianoforte e percussioni, in maniera non convenzionale e in funzione imitativa di alcuni strumenti indiani e indonesiani. Un pezzo in cui proprio le percussioni godono di ampi momenti di virtuosismo, qui affidati al talento di Igor Caiazza, a lungo punto di riferimento ritmico della Mahler Chamber Orchestra fondata da Claudio Abbado e con un curriculum nel quale figurano alcune tra le più importanti orchestre al mondo, dalla Filarmonica di Londra all’Orchestra Nazionale di Francia.