TARANTO – «Rubare» musica non era reato nel Settecento. Nel senso che era prassi comune sfornare opere teatrali con arie, duetti e altri passi già precedentemente scritti da uno o più compositori. Molto usato era l’autoimprestito, una pratica alla quale non si sottrasse nemmeno Giovanni Paisiello nelle cosiddette opere «pasticcio», concetto per molto tempo mal giudicato sulla base di un pregiudizio idealista secondo il quale un’opera comprendente musiche di diversi autori dovesse essere per forza inferiore ad una originale uscita dalla penna di un solo creatore. Un tema che guida la programmazione del Giovanni Paisiello Festival 2023 diretto da Lorenzo Mattei per gli Amici della Musica “Arcangelo Speranza” e in svolgimento a Taranto, città natale del compositore, dove sabato 14 ottobre (ore 18), nel Salone degli Specchi di Palazzo di Città, si terrà la conversazione «La città dei pasticci», con un chiaro riferimento a Napoli e alla sua scuola operistica.
Sulla prassi dell’«impasticciamento» nell’opera buffa e seria del Settecento si affronterà per larga parte l’attività del «genius loci» Paisiello, pronto ad accusare il collega monopolitano Giacomo Insanguine di essere il «maestro delle pezze», ma lui per primo disposto alle più spregiudicate operazione di reimpiego della propria musica, così come farà anni più tardi Gioachino Rossini.
Dopo i saluti dell’assessore comunale allo Spettacolo, Fabiano Marti, saranno quattro gli autorevoli musicologi che esporranno alcune delle loro più recenti ricerche sul «pasticcio» e sulla natura metamorfica del melodramma, coordinati da Emanuele Senici dell’Università La Sapienza di Roma e del King’s College London. Si tratta di Nicola Usula dell’Università di Friburgo, di Tarcisio Baldo del Conservatorio di Modena, di Sarh Iacono del Conservatorio di Parma e di Elisa Cazzato dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e della New York University.
Nicola Usula tratterà del processo di «impasticciamento» subìto dal «Demofoonte» di Metastasio dopo la prima viennese del 1733 su musiche di Antonio Caldara: manipolato per la ripresa genovese al Teatro del Falcone musicata da Pietro Vincenzo Chiocchetti (1680-1753), il dramma cambiò, infatti, quasi tutte le arie. A sua volta, Tarcisio Balbo racconterà di come, scovando tra le carte di un corista di primo Ottocento, conservate nei fondi storici del conservatorio di Modena e relative all’allestimento del «Ciro in Babilonia» di Rossini a Modena nel 1818 come «oratorio sacro», abbia individuato la cavatina con coro di Baldassarre «Vieni o grande, vieni o forte», derivata da un’opera seria di Alessio Prati e più volte usata da diversi cantanti di rilievo attivi tra Sette e Ottocento.
Sarah Iacono, invece, si occuperà delle carte di musica che a Lecce i notabili della città iniziarono a raccogliere dopo la costruzione del teatro stabile nel 1759. Una spiccata attenzione fu riservata a Giovanni Paisiello, le cui opere, già presenti nelle prime stagioni del Teatro Nuovo leccese, sopravvivono nei fascicoli, manoscritti e a stampa, delle raccolte gentilizie salentine, La disamina di questo materiale, insieme con l’indagine sulle cronache e i documenti dell’epoca, ha permesso di focalizzare degli aspetti di controversa interpretazione che riguardano, ad esempio, la cronologia di alcune esecuzioni, e di delineare più chiaramente gli ambiti culturali in cui esse sono giunte sino a noi, in un tragitto che abbraccia Napoli e l’Europa.
Infine, Elisa Cazzato ripercorrerà la messa in scena di pasticci al Théâtre Feydeau di Parigi, inaugurato nel 1789 sotto la direzione artistica di Giambattista Viotti con l’intento di essere la sede parigina dell’opera buffa napoletana. Da Napoli non giunse solo il repertorio musicale, ma anche lo scenografo torinese Ignazio Degotti (1758-1824), che nel corso della sua carriera interagì a più riprese con Giovanni Paisiello, a Napoli e a Parigi. Documenti di archivio permettono di ricostruire la circolazione di modelli e artisti tra le due città, mentre cronache del tempo definirono gli spettacoli del Feydau come tra i più ricchi e fastosi della città.
L’ingresso è libero.