TARANTO – Nuovo imperdibile appuntamento per la stagione «Periferie» del Crest sostenuta dalla Regione Puglia all’auditorium TaTà di Taranto, dove sabato 23 marzo (ore 21) è in programma «Venere e Adone. Siamo della stessa mancanza di cui sono fatti i sogni», spettacolo della compagnia Lombardi Tiezzi ispirato a Ovidio e Shakespeare scritto, diretto e interpretato da Roberto Latini, che al termine della rappresentazione incontrerà il pubblico in una conversazione con la giornalista Marina Luzzi.
Autore, attore e regista tra i più acclamati in Italia, premio letterario Sipario 2011 con «Noosfera Lucignolo», premio Ubu 2014 come miglior attore per il ruolo di Arlecchino ne «Il servitore di due padroni» diretto da Antonio Latella e, ancora, premio della Critica nel 2015 per «I giganti della montagna» e premio Ubu 2017 come migliore attore per il «Cantico dei cantici», Latini si concentra sul mito narrato da Ovidio nelle «Metamorfosi», ma fa riferimento anche a Shakespeare, che scelse lo stesso argomento nel 1593 quando i teatri furono chiusi a Londra per la peste, e non solo.
Infatti, questo lavoro nasce durante la pandemia con un’operazione che procede per variazioni dello stesso tema, sollecitando continue aperture e sipari su scene in trasformazione che elaborano «Venere e Adone» in un programma articolato attraverso grammatiche diverse. Il tema centrale del racconto, che non stupisce affascini così tanti artisti, è quello dell’amore terrestre e divino, tradotto nell’azione di disarmo di un destino ineluttabile. Infatti, tra quelli contenuti nelle «Metamorfosi» di Ovidio, «Venere e Adone» è certamente uno dei miti più sorprendenti, poiché la vicenda di Adone destinato a morire nel bosco durante la caccia a un cinghiale, senza che nemmeno Venere possa fare nulla, rivela quanto gli Dei possano spesso soltanto arrendersi al cambiamento. «Pertanto – afferma Latini – lo si potrebbe percepire come un mito della primavera, della rinascita, in una storia di ferite mortali e baci sconfitti che non sanno e non riescono a farsi corazza e difesa».
Anche Amore non può nulla, incapace, sfinito, logoro e vecchio. Eppure, cadendo, fa un volo infinito che si traduce in una carrellata di riferimenti in scena, da Shakespeare a Tiziano, da Rubens a Canova, da Annibale Carracci a Ovidio, con un attraversamento del mito in compagnia della sapiente arte teatrale di Latini. Ed in questo viaggio, fatto di un respiro-fotogramma che impedisce al racconto di compiersi nel finale ormai noto, che forse si può vincere il destino, dando all’Arte il compito di sfidare il tempo e sospenderci nella tenerezza.