Alla Scoperta del Salento: Presicce e i mascarani, storia di una leggenda

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Fu probabilmente l’acqua il motivo principale per cui, nel VII secolo, le prime famiglie colonizzarono il territorio in cui oggi sorge Presicce.

La presenza di fonti di acqua era in effetti garanzia di prosperità, campi fertili, coltivazioni floride e bestiame in salute, si narra che fu proprio per intercessione di San Ilarione che Dio in persona generò una fonte d’acqua che salvò gli abitanti dalla siccità, ma la verità è da ricercarsi nell’istinto di sopravvivenza che porta i popoli a spostarsi in cerca di terre fertili.

Nel caso di Presicce, la fortuna volle che il viaggio fosse abbastanza breve perché il casale di Pozzomauro in blocco si spostò a valle e lì si stabilì.

Dell’insediamento di Pozzomauro sono arrivate a noi delle tracce documentabili, come la torre di difesa dalle invasioni saracene, che a poco servì quando nel 1481 le truppe nemiche penetrarono nell’abitato devastando e saccheggiando senza pietà, una chiesa di modeste dimensioni e un’affascinate cripta basiliana scavata nella roccia.

L’associazione del nome Presicce con la parola praesidium di derivazione latina, che significa appunto presidio, è quella più logica.

Superato lo scoglio della sua fondazione, Presicce segue il destino della maggior parte dei comuni del Salento: viene inglobata nel Principato di Taranto e passa di casata nobiliare in casata nobiliare, tra cui i Securo, i Gonzaga, i Bartilotti e i De Specola, per finire nel 1714 con i De’ Liguoro che diedero il via ad un periodo di prosperità grazie ad un riforma agricola che permise una redistribuzione dei terreni ai contadini e la costruzione di vari frantoi che consentirono di aumentare la produzione di olio, tanto da permetterne l’esportazione a Napoli e in Spagna.

Un’affascinante racconto avvolge nel mistero Presicce circa il soprannome dei suoi abitanti, che sono conosciuti come Mascarani e vale la pena raccontarlo: i mascarani erano personaggi che si muovevano con abilità lungo la sottile linea di confine tra banditi e rivoluzionari.

Tutto ebbe inizio con la morte di Filippo Antonio Cito, signore di Presicce, cui succedette la figlia Maria.

Maria sposò il principe di Castellana, Filippo Bartilotti Piccolomini D’Aragona e decisero, per non meglio precisate ragioni, di negare alla di lui sorella, la dote di circa 16mila ducati, ma si sa che quando si tratta di denaro, i parenti sono serpenti.

Isabella, questo il nome della vittima dell’ingiustizia, non la prese bene e per circa 30 anni, volarono stracci in famiglia, tanto che alla fine dovette intervenire il Vicerè di Napoli.

Nel frattempo, ai problemi familiari si aggiunse un clamoroso calo dei consensi da parte del popolo, in particolare della borghesia, che accusava Bartilotti di ignorare totalmente il concetto di democrazia, ma non solo, infatti gli si imputava la colpa di aver mandato in guerra gli uomini del villaggio con la vana promessa di ricchezze, terre e gloria, ma coloro che riuscirono a tornare a casa, si trovarono ancora più poveri di come erano partiti.

Vedendo la situazione degenerare di giorno in giorno, i giovani rampolli delle famiglie locali si unirono ai Cito e diedero il via ad una rivolta fatta di saccheggi e ulteriori violenze, la rabbia dei Mascarati, così chiamati perché indossavano maschere per non essere riconosciuti, era così cieca che neppure la guarnigione spagnola comandata dal Capitano Milanes, inviata a dare supporto a Bartilotti si salvò. Fu una strage. Era il 1615, narra la storia che fosse l’ultimo giorno di Carnevale.

I guai per la dinastia dei Bartilotti non finirono con la morte Filippo, perché a lui succedette Carlo, degno figlio di suo padre, almeno stando a quanto tramandato, perché non solo ridusse il popolo alla fame, ma esercitò con solerzia lo jus primae noctis, ovvero il diritto concesso al feudatario di giacere con l’altrui sposa la prima notte di nozze.

Carlo riuscì ad esasperare a tal punto gli animi del popolo che la sera del 5 novembre 1655, mentre nella piazza di Presicce si festeggiava Sant’Andrea Apostolo, un gruppo di uomini col volto coperto da una maschera, puntò le armi verso la finestra del palazzo cui era affacciato e fece fuoco uccidendolo.

Fu la fine di un’era.

Non abbiamo la possibilità di sapere quanto questo racconto corrisponda a verità, nel tempo alcuni dettagli sono stati ingigantiti, altri dimenticati, molti documenti sono andati persi e di altri non si può attestare l’autenticità.

A margine di ogni speculazione, quella dei Mascarani è una storia come infinite altre ne sono state scritte nel corso dei secoli, visti con gli occhi di noi contemporanei, potrebbero essere eroi che combattevano contro le angherie del potere feudale, ma la domanda che resta senza risposta è quella relativa al perché non riusciamo a trarre insegnamento dai fatti del passato.

Nel 2019 Presicce e Acquarica si sono fusi diventando anche amministrativamente un unico comune, sul territorio abbondano chiese e monumenti storici importanti di cui racconteremo nelle prossime settimane.

di Claudia Forcignanò