Ancora perle del barocco al festival Anima Mea diretto da Gioacchino De Padova. Domenica 24 novembre (ore 20.30) nel Sacello della Cattedrale di Minervino Murge e lunedì 25 novembre (ore 20.30) nella chiesa di Sant’Anna di Andria, il controtenore Nicolò Balducci e un grande del flauto dolce, Dan Laurin, con gli Ensemble Dolci Affetti e Orfeo Futuro, esplorano le musiche del cantante castrato e compositore Filippo Finazzi accanto alla produzione del pugliese Domenico Sarro, di Georg Philip Telemann e di Giuseppe Porsile.
Un nuovo doppio appuntamento per il progetto itinerante realizzato con i contributi del Ministero della Cultura, della Regione Puglia e dei Comuni di Bari, Andria, Palo del Colle, Sannicandro di Bari e Minervino Murge, della Camera di Commercio e con il patrocinio di Rai Puglia, che offre la riscoperta di alcune perle del barocco, tra cui la musica del soprano castrato e compositore Filippo Finazzi, uno dei cantanti preferiti di Antonio Vivaldi.
Nato a Bergamo, Finazzi studiò a Milano, Roma e Napoli e fu attivo in città come Venezia, Praga, Lipsia e Amburgo, dove trascorse l’ultima parte della sua vita. Ad Amburgo, Finazzi si converti al luteranesimo e, evento raro per un castrato, si sposò. Frequentò circoli culturali e conobbe il barone di Ahlefeld, amico di Georg Philipp Telemann, del quale è stato inserito in questo programma una composizione per flauto dolce, il Quartetto TWV: 43g4.
Tra le poche composizioni di Finazzi arrivate a noi, ci sono le 6 «Cantate per voce e strumenti», dalle quali sono state estratte «D’amore il primo dardo» e «Pianger vidi appresso», pagine che mostrano uno stile innovativo, influenzato dalle tendenze della Scuola Napoletana che si stava diffondendo in Europa. Questo stile drammatico, fatto di affetti contrastanti e armonie inaspettate, si riflette nelle opere di molti compositori, tra cui il pugliese Domenico Sarro, del quale è stata scelta la cantata «Dimmi bel neo che fai», altra perla di questo programma che si completa con l’aria «Mi preparo a trionfar» dall’opera «Il ritorno di Ulisse» del napoletano Giuseppe Porsile, vittima dell’oblio del tempo e di riletture storiche preconcette.