Alla scoperta del Salento: le casiceddhre di Noha e l’insegnamento del loro Piccolo angelo

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NOHA – C’era una volta, nel cuore del Salento, un paese piccolo, anzi piccolissimo, che custodiva un misterioso tesoro di cui pochi  parlavano.

Potrebbe essere l’incipit di una favola, e invece è tutto vero. Il paesino in questione è Noha, frazione di Galatina, e il tesoro di cui tutti parlano, sono le Casette del piccolo angelo.

Tutto ebbe inizio circa un secolo fa, quando Cosimo Mariano, appassionato di arte e architettura, si cimentò nella costruzione di piccole case e palazzi in pietra studiate in ogni particolare.

Si tratta di 3 edifici conosciuti anche come casiceddhre, che si trovano sulla terrazza di una delle corti del palazzo Galluccio, un tempo castello. La più alta, il campanile, non supera i 2  metri.

È già questo di per sè basterebbe a lasciar viaggiare la fantasia, soprattutto perché viste le dimensioni, sarebbero le dimore ideali per gli sciacuddhi, i dispettosi e simpatici folletti di cui la memoria popolare della Grecìa Salentina è piena.

Ma c’è dell’altro.

Le casette infatti, sono solo una parte della storia, quella che tutti conoscono e possono documentare, ma tutt’intorno alle casette, sono nate una serie di leggende e ipotesi, che dai folletti approdano alla narrazione di Massimo Negro, che si conclude con una morale.

Nel castello di Noha, narra, viveva un piccolo principe, ma a differenza di tutti gli altri bambini, non poteva uscire dalla sua stanza perché affetto da una misteriosa malattia.

I suoi genitori, disperati, avevano convocato a corte i migliori dottori, tutti lo avevano visitato, ma nessuno ne era venuto a capo e il piccolo principe, che in fin dei conti, era pur sempre un bambino, trascorreva le sue giornate sognando una vita diversa, fatta di avventure e nuovi amici, ma l’unico suo divertimento, erano i giochi che il re e la regina gli regalavano.

Nel tempo, il piccolo principe aveva dimostrato di essere non solo buono e intelligente, ma anche particolarmente creativo e curioso, la sua più grande passione erano le case e i palazzi che disegnava con grande dovizia di particolari e decori. Il suo sogno era vivere come un cavaliere e chiedeva spesso al padre di trasformare i suoi disegni in realtà.

Purtroppo ciò non era possibile e nel frattempo le condizioni del piccolo principe si andavano aggravando. Una notte fu svegliato da una luce abbagliante che invase la sua stanza. Quando aprí gli occhi, si trovò di fronte ad una figura angelica che gli chiese quale fosse il suo più grande desiderio.

Una volta ascoltate le parole del piccolo, che appunto sognava di vedere una riproduzione dei suoi disegni, la figura svanì.

Il giorno seguente, di buon’ora, le guardie svegliarono il re segnalando delle strane costruzioni in pietra sbucate dal nulla proprio sul terrazzo.

Il re, credendo fossero opera del figlio, andò su tutte e furie e diede ordine di abbatterle.

Quella notte, la misteriosa figura tornò a far visita al bambino, che espresse il medesimo desiderio.

Il giorno seguente il padre fece distruggere di nuovo le costruzioni e ciò andò avanti per molte notti.

Finché le condizioni del piccolo malato non peggiorano tanto da far abbandonare la speranza anche ai medici.

Quando la misteriosa figura tornò, il bambino le chiese di ricostruirle per l’ultima volta, ma chiese anche di fare  in modo che nessuno potesse distruggerle.

Allora la figura gli spiegò che le casette sarebbero rimaste intatte solo finché ci fosse stato qualcuno disposto a prendersene cura, perché contro l’ingratitudine umana,  neppure lei poteva fare nulla. Detto ciò, lo prese dolcemente per mano è lo porto con sé per sempre.

Il giorno dopo, tutti piangevano la morte del piccolo principe, ma quando il re si affacciò al balcone per condividere il cordoglio con il suo popolo, nello stupore generale, scoprì che le casette erano di nuovo sul terrazzo, ma ancora più belle e splendenti.

Da allora, un editto reale vieta a chiunque di toccarle.

Ed eccoci ai giorni nostri, tra fantasia e realtà, che da questo racconto impariamo una lezione preziosa sulla potenza dei sogni e sull’importanza di apprezzare e proteggere i doni, anche quando non sono richiesti.

di Claudia Forcignanò