Sino al 3 novembre sarà visitabile la mostra “Lampante. Gallipoli, città dell’olio”, un racconto che celebra “l’oro liquido” che, dall’inizio del XVI secolo, permise a Gallipoli di divenire la maggiore piazza europea per la produzione e la commercializzazione di olio lampante, “illuminando” le grandi Capitali europee come Parigi, Londra, Berlino, Vienna, Stoccolma, Oslo, Amsterdam e intrattenendo, con le stesse, ricchi commerci e scambi culturali. Nel XVIII secolo la produzione e l’esportazione di olio dalla Puglia e in particolare dalla Terra d’Otranto raggiunsero l’apice. Il 90% dell’olio che si esportava dalla Puglia nel 1700 era olio lampante, olio chiaro e grasso, acquistato specie dagli Stati esteri per l’illuminazione, per la lavorazione della lana e per fabbricare il sapone. “Lampante” è la messa in scena di un territorio e del suo bene più prezioso: l’olio, le sue eccellenze, le tante storie, le mille rotte e le preziose tracce. “Sarà una mostra parlante, in grado, ci auguriamo, di ristabilire delle relazioni, delle consuetudini percettive con l’olio, la sua importanza produttiva ma soprattutto identitaria” sottolineano i curatori. “C’era un tempo in cui l’olio lampante era considerato come oro e le cisterne di Gallipoli ne erano piene. La sua trasparenza permetteva un particolare bagliore tendente al bianco che lo rendeva più gradevole, profumato, lucente e puro di ogni altro olio sul mercato. Dallo scalo gallipolino le botti di olio raggiungevano il Nord Europa e da lì le steppe della Russia. Grazie alla sua purezza era utilizzato per bruciare l’incenso davanti le statue ortodosse ed illuminava le stanze della zarina. Con l’olio a Gallipoli si fabbricava anche il sapone preferito dalle gran dame parigine”.
La storia è raccontata attraverso un percorso sull’archeologia dell’olio con i reperti provenienti dal Museo Sigismondo Castromediano di Lecce a cura di Anna Lucia Tempesta; una selezione della preziosa collezione di lucerne storiche e rare del Museo dell’olivo e dell’olio della Fondazione Lungarotti di Torgiano in Umbria; una originale raccolta deicontenitori di olio provenienti da Casa Vestita di Grottaglie; una selezione di cimeli delsaponificio storico L’abbate; un’inedita collezione privata dei maestri bottai Tarantino; un lampione originale della seconda metà dell’800 proveniente da una strada del centro storico diDublino grazie alla collaborazione con la Fondazione Neri – Museo italiano della ghisa di Longiano. Non mancheranno le contaminazioni con l’arte e il contemporaneo grazie a “Cavalieri ardenti” l’antologica di Armando Marrocco a cura di Toti Carpentieri che vede una sequenza di opere storiche nelle quali, tra antropologia e sacralità, si riconosce al lampante l’inequivocabile status di materia creativa; una installazione site specific “Un mare di luce” e una mostra fotografica degli ulivi secolari di Puglia di Giovanni Resta. Infine, sarà possibile immergersi in un frantoio grazie alla realtà virtuale a cura di Francesco Gabellone(architetto – Cnr / Istituto per i beni archeologici e monumentali di Lecce) coadiuvato da Maria Chiffi.