“La moglie di nessuno” mercoledì 30 e giovedì 31 ottobre al Teatro van Westerhout di Mola di Bari

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MOLA DI BARI (Bari) – Teatro civile per la Stagione della Compagnia Diaghilev, mercoledì 30 e giovedì 31 ottobre (ore 21), al Teatro van Westerhout di Mola di Bari, con la storia di Joyce Salvadori Lussu, l’eroina dell’antifascismo, scomparsa a 86 anni nel 1998, che Rita Atzeri racconta nel monologo “La moglie di nessuno” scritto e diretto da Virginia Martini con la collaborazione di Matteo Procuranti per la Compagnia Il Crogiuolo di Cagliari. Uno spettacolo – per essere ancora più precisi – non “su” Joyce Lussu, bensì “con” e “per” Joyce Lussu, attraverso una sorta di conversazione “involontaria” con una delle protagoniste della Resistenza in cui confluiscono il suo tempo e il nostro, il suo percorso, le sue convinzioni, i suoi dubbi e, insieme, anche i nostri.

La narratrice è una di noi, una come tante, concentrata su una vita che nel tempo si è riempita di oggetti e svuotata di contenuti. E per lei, inizialmente, Joyce è soltanto la moglie di Emilio Lussu, il leggendario capitano della Prima Guerra Mondiale, il fondatore del Partito Sardo d’Azione e del movimento Giustizia e Libertà che fu scrittore, militare e politico più volte eletto al Parlamento, oltre che due volte ministro. Ma poi, per tutto il racconto, Rita Atzeri cercherà di interrogarsi sul significato attuale delle idee e delle azioni che Joyce ha lasciato in eredità, e ne farà un trampolino per vivere i giorni nostri.

Le note biografiche di tutte le pubblicazioni su Joyce Salvadori Lussu riassumono la sua straordinaria vicenda esistenziale: la militanza nei gruppi di Giustizia e Libertà, la partecipazione alla guerra partigiana in Francia e in Italia, la Medaglia d’argento al valor militare, gli studi in filosofia a Heidelberg, la Licenciée ès lettres alla Sorbona, il diploma in filologia e letteratura portoghese all’università di Lisbona, la militanza nella sinistra socialista e il contatto costante con i movimenti di liberazione dell’Africa e del Medio Oriente. E, poi, le traduzioni di poeti stranieri del calibro di Nazim Hikmet e Agostino Neto, la pubblicazione come autrice di diari, romanzi, saggi, raccolte di poesie.

Eppure per la maggior parte dei nostri contemporanei Joyce è solo la moglie del leggendario Emilio Lussu, «un uomo che veniva da un villaggio di pastori sperduto tra le montagne della Sardegna», come lei stessa raccontò. Con lui visse in prima persona la lotta al nazifascismo e la clandestinità. E con lui condivise l’idea di parità tra uomo e donna. Ma ben presto si ritrovò ad essere la moglie di un uomo politico di primo piano. E allora lei, con il figlio avuto da quella relazione, decide di andarsene in Sardegna per organizzare il movimento delle donne sarde e diventare traduttrice dei poeti rivoluzionari del Terzo Mondo, dove «i guerriglieri dello Zimbabwe o i comunisti iracheni non avevano mai sentito parlare di Emilio Lussu, e io – dice Joyce – non ero la moglie di nessuno».