BARI – Benché il ritrovamento di alcuni reperti abbia indotto alcuni esperti a dedurre l’esistenza di fortificazioni a Bari sin dall’epoca romana, il castello medievale risale con molta probabilità all’epoca normanna e precisamente intorno al 1131/32, voluto dal sovrano Ruggero II de Hauteville. Nel 1156 questa prima fortificazione venne distrutta in seguito all’assedio e presa della città operata da Guglielmo I de Hauteville detto il Malo, nel corso dell’azione punitiva condotta contro i ribelli che avevano appoggiato la ribellione di Roberto III di Loritello e di altri baroni ostili.
Sarà l’Imperatore Federico II nel 1233 ad ordinare la nuova edificazione del castello di Bari, che subirà ulteriori modifiche in epoca angioina, sino a giungere in possesso di Ferdinando d’Aragona che, a sua volta, lo cede alla famiglia Sforza, Duchi di Milano. Così il castello del capoluogo pugliese passa nelle mani di Isabella d’Aragona, moglie del Duca di Milano Gian Galeazzo Sforza, che successivamente lo trasmette alla figlia Bona, Regina di Polonia e Duchessa Sovrana di Bari. All’epoca di Isabella risalirebbero i bastioni esterni collegati da cortine che, in linea con le nuove esigenze difensive, furono eretti inglobando il castello medievale.
Come riporta il Bacile di Castiglione (G. Bacile di Castiglione, Castelli Pugliesi, Arnaldo Forni Editore, Bologna, Rist. 1978, pg. 63): “Bari ebbe così la gloria ed il vanto di adottare le nuove forme dell’architettura militare del Rinascimento, quando Firenze non aveva ancora cimato le sue torri, e Lucca non aveva murato uno solo dei suoi bastioni, la stessa Urbino, vivaio dei più grandi architetti militari che ricordi la storia, si accingeva appena a trasformare le sue vecchie fortificazioni”. In seguito concludendo: “I bastioni del castello di Bari rappresentano perciò uno dei più rari esempi di arcaiche forme della fortificazione bastionata; e come tali sono citati dal Promis e da altri scrittori di Storia della fortificazione”. (Ibidem pg 64)
La Duchessa Bona Sforza che tanto fece per Bari, morì senza eredi nella fortezza il 19 novembre 1557 e venne sepolta nella Basilica di San Nicola. Ritornato in possesso dei Re di Napoli, il castello venne utilizzato come prigione e caserma. Nel 1696 un fulmine colpì un’ala del castello, probabilmente nel settore nordoccidentale come indicherebbe una lapide alquanto consunta, provocando l’accensione di alcune polveri immagazzinate che, esplodendo, crearono seri danni alla torre corrispondente a tale versante.
La struttura ha una pianta a forma trapezoidale, cui si accede superando un ponte situato sul lato meridionale e che attraversa l’antico fossato, disposto perimetralmente, con la sola eccezione del lato settentrionale, sino alla fine del XIX secolo lambito direttamente dal mare. Oltre il fossato esiste un’ulteriore cinta difensiva, risalente all’epoca aragonese, rinforzata agli angoli con grandi bastioni a forma di lancia. Superando il portale d’ingresso, alla fine del ponte, che presenta l’arme dei Borbone Re di Napoli dal 1734 al 1860, si entra nel cortile interno e quindi all’originale nucleo di epoca sveva. Questo presenta, ad ognuno dei quattro angoli, una torre la cui denominazione è strettamente legata a ben precise vicende storiche.
All’angolo sudoccidentale c’è la Torre dei Minorenni o Torre Viscontina per via dei lavori effettuati da Gaspare Visconti su ordine della famiglia Sforza, che ospitò il carcere minorile fra il 1832 ed il 1931, all’angolo nordoccidentale c’è la Torre del Monaco o Torre di San Francesco che secondo la tradizione avrebbe ospitato il santo. All’angolo sud orientale c’è la Torre della Marina o del Semaforo, sulla cui terrazza appunto la Marina Militare aveva installato un semaforo, ed infine la Torre del Vento all’angolo nordorientale.
Sul lato occidentale, nei pressi della Torre Viscontina, spicca una porta ad arco gotico voluto da Federico II di Svevia, sovrastata sull’architrave dall’aquila imperiale che stringe una preda fra i suoi artigli. Dalla porta si accede in un locale con colonne dai capitelli ornati di foglie, da cui svettano delle alte volte a crociera, che sfocia su un loggiato affacciato sul cortile centrale, rifatto in epoca rinascimentale, con una splendida scalinata a duplice rampa risalente al dominio aragonese.
Il castello è stato usato come carcere e, successivamente, come caserma nel XIX secolo. Attualmente ospita alcuni uffici della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio.
Cosimo Enrico Marseglia