“Rota rota stave ‘na vote…”, tre narrazioni di Giovanni Guarino, Palazzo Amati/Ketos di Taranto

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crediti fotografici Alexander Corciulo

TARANTO – Il cunto torna nei vicoli. A Taranto, Palazzo Amati è ormai la sede riconosciuta di Ketos, ovvero del Centro Euromediterraneo del Mare e dei Cetacei, collocato negli itinerari più interessanti di visita nella Città vecchia, di grande attrazione e innovazione. L’intero percorso progettuale è stato ed è accompagnato da attività di in/formazione rivolte agli abitanti dell’Isola, al fine di promuovere tramite un coinvolgimento attivo, trasversale per età, piena consapevolezza della comunità intorno al progetto ed al suo valore per la vecchia Isola e per la città tutta. Un nuovo “tesoro” da conoscere e proteggere. Questo particolare ambito di attività nel progetto è curato dal Crest, che proporrà, in via privilegiata agli abitanti dell’antico borgo, tre pomeriggi dedicati a ricordare e riproporre la tradizione che fino a cinquanta anni fa vedeva le donne anziane dei vicoli tenere a bada i più piccoli raccontando loro le storie e cominciando proprio così: rota rota stave ‘na vote…

Nello specifico, alle ore 18 dei giorni 28 e 30 settembre e 5 ottobre, nello slargo prospiciente Palazzo Amati/Ketos, in vicolo Vigilante, Giovanni Guarino racconterà tre storie del suo repertorio che si intreccia con la Storia e le tradizioni della città e del quartiere. La partecipazione è gratuita ma i posti sono limitati (25) dalle restrizioni dovute all’emergenza Covid-19.

Lunedì 28 settembre, la narrazione “Per grazia ricevuta. L’alluvione del 1883 a Taranto”. Nella Taranto di fine ‘800, attanagliata dalla miseria, giunge a dare nuova speranza la notizia che il Governo italiano vuol dare il via alla costruzione di un canale navigabile e di un arsenale militare che, grazie alla dura lotta del senatore Cataldo Nitti, si decise di fare a Taranto. A seguito dello sbarramento con una diga del fossato del Castello Aragonese ed a causa di una fitta e copiosa pioggia, il 14 settembre 1883 Mar Piccolo arrivò ad inondare vicoli, stretti e case, provocando danni e morti. La narrazione teatrale racconta quei giorni attraverso le vicissitudini di una famiglia di pescatori, di cui uno dei sei figli risultò disperso, ed alla disperazione si diede risposta con la fede, mettendo in campo tutte le risorse offerte dalla religiosità popolare: preghiere e litanie, pane benedetto e beneficienza, voti ed ex-voti invocando l’aiuto dell’Addolorata. Aiuto che non tardò ad arrivare…

Mercoledì 30 settembre, la narrazione “… e venne Falanto”. La leggenda racconta che nell’VIII secolo a.C., l’eroe spartano Falanto divenne il condottiero dei Parteni. Consultando l’Oracolo di Delfi prima di avventurarsi per mare alla ricerca di nuove terre, apprese che sarebbe giunto nella terra di Saturo, e che avrebbe fondato una città nel luogo in cui egli avesse visto cadere la pioggia da un cielo sereno e senza nuvole (in greco ethra). Falanto si mise in viaggio, fino a quando giunse nei pressi della foce del fiume Tara. Dopo i primi scontri con gli Iapigi che lo videro sconfitto, addormentatosi sul grembo della moglie, ella cominciò a piangere a dirotto, ripensando all’oscuro responso dell’Oracolo e alle difficoltà sopportate dal marito, bagnandogli con le sue lacrime il volto. L’oracolo si era avverato, una pioggia era caduta su Falanto da un cielo sereno: le lacrime della moglie Ethra. Sciolto l’enigma, l’eroe si accinse a fondare nell’insediamento iapigio di Saturo quella che divenne la grande città di Taranto.

Lunedì 5 ottobre, la narrazione “Skiuma, la sposa sirena”. La numero 132 dei duecento cunti popolari dell’antologia “Fiabe italiane” curata da Italo Calvino per la collana “I millenni“ di Einaudi nel 1956, “La sposa sirena” prende le mosse dai personaggi del racconto “La Monacella – La storia di Skiuma”, fiaba popolare di area tarantina della seconda metà del ‘700. Attraverso la magia del cunto, il racconto testimonia il desiderio di accostarsi all’elemento naturale su cui si adagia Taranto: il mare, per scandagliare un immaginario così saldamente e profondamente radicato alle radici popolari. Il mare come ispiratore di sogni e progetti, luogo di lavoro e di piacere, di fatica e di ozio, ma per l’infelice coppia di innamorati del racconto prescelto, il mare è anche luogo di tristezza, dolore, nonché rifugio nel meraviglioso e casa del fantastico. Riferimenti naturali relativi alla fiaba sul territorio cittadino sono “la secca” delle Sirene, che si trova al centro della rada di Mar Grande, e il torrione del castello Aragonese, chiamato “della Monacella”, demolito assieme ai torrioni Sant’Angelo, Mater Dei e del Vasto, che estendevano l’antica fortificazione sino a Mar Piccolo, durante i lavori di scavo e costruzione del canale navigabile (1883).

 

Il progetto “Ketos-Centro Euromediterraneo del Mare e dei Cetacei” è promosso dall’Associazione Jonian Dolphin Conservation nell’ambito del bando storico-artistico e culturale “Il bene torna comune”, promosso dalla Fondazione Con il Sud per valorizzare gli immobili inutilizzati o usati in modo parziale al Sud, in un’ottica di uso collettivo e di restituzione alla collettività attraverso attività socio-culturali e sostenibili. Partner per lo svolgimento delle attività: Associazione Comunità Emmanuel Onlus, Associazione Manifesto della Città Vecchia e del Mare, Associazione Marco Motolese, Associazione Terra, cooperativa teatrale Crest.