Il nome Brindisi deriva dal termine “Brention” che nella lingua iapigia o messapica significava “Cervo”. In effetti, se vista dall’alto, la città ricorda, con i due Seni di Ponente e di Levante, una testa di cervo che poi rientra nei simboli dello stemma civico. Sono diverse le leggende relative alla nascita di Brindisi, una la fa risalire, addirittura, ai tempi del Diluvio Universale. Tuttavia fra le tante ne scegliamo una molto singolare, secondo la quale la città sarebbe stata fondata da Brento, il figlio del mitico Eracle, l’Ercole dei Latini.
Si racconta che Brento giunse nella Iapigia guidato dai delfini e, volendo emulare le imprese del padre, eresse le due colonne a guardia della rada, quelle stesse che in epoca romana avrebbero segnato il termine della Via Appia. Si ricorda che Ercole ne aveva costruite altre due nell’attuale Stretto di Gibilterra. L’impresa, tuttavia, dette luogo a diverse critiche perché, paragonate ad altre opere ciclopiche, pare non reggessero il confronto. Colpito nel proprio orgoglio, Brento decise allora di fondare una città a sua immagine così, utilizzando la sua forza sovrumana, eredità innata nel suo DNA, scavò i due seni a rappresentare le sue braccia, la penisola fra gli stessi era invece la rappresentazione della sua testa, il porto medio il suo corpo, mentre le foci dei due piccoli fiumi che scorrevano sul sito, costituivano le gambe. Infine, ultimo tocco, volle rappresentare anche il suo membro virile e, all’uopo, formò l’isola di Sant’Andrea che, forse per una sottile ironia, è la prima parte della città che si nota giungendo dal mare.
Dopo alcuni secoli, un reduce della Guerra di Troia, per l’esattezza Diomede, cercò di impossessarsi della città ma il suo piano non ebbe successo. Vediamo cosa accadde. Rientrato nella sua patria Argo, dopo i dieci anni di guerra, il povero Diomede, come del resto quasi tutti gli eroi greci, trovò la sua diletta sposa in tenera compagnia, nel suo caso la moglie Egiale si intratteneva con Comete, figlio di Stenelao. Deluso riprese il mare alla testa di alcuni Etoli, dirigendosi verso la Iapigia. Giunto alle porte di Brindisi venne ricacciato dalla strenua resistenza degli abitanti del posto. Non digerendo l’umiliante sconfitta, Diomede inviò due messi nella città, che riferirono il responso dell’oracolo, secondo il quale quella terra sarebbe stata loro per sempre. I Brindisini interpretarono quel responso a modo loro e, sedutastante, seppellirono vivi i due ambasciatori, costringendo Diomede a riprendere il largo. Sembra che tale episodio sarebbe stato raccontato, alcuni secoli più tardi, al Principe d’Epiro Alessandro il Molosso che, anch’egli, nutriva ambizioni di conquista. Tuttavia Alessandro capì perfettamente l’antifona e decise di desistere dal suo intento.
Cosimo Enrico Marseglia