BRINDISI – Brindisi torna in scena con la voce dei suoi protagonisti del teatro. Sabato 12 giugno, con sipario alle 18.30, nel Nuovo Teatro Verdi è tempo di avventure e di scoperte con «Gulliver. E di altri viaggi», spettacolo del Gruppo Mòtumus scritto da Anna Piscopo e messo in scena da Maurizio Ciccolella, anche interprete assieme a Marco Prete.
L’appuntamento, che fa parte della rassegna «Brindisi in Scena», è organizzato con il sostegno dei fondi regionali destinati al piano straordinario per la cultura e lo spettacolo «Custodiamo la Cultura in Puglia» e la partecipazione del main sponsor Enel, dei sostenitori Intesa San Paolo, Confindustria Brindisi ed Ance Brindisi. Prezzi: 10 euro; 5 euro ridotto bambini fino a 12 anni. Età consigliata: dai 6 anni. Durata: 75 minuti.
Per l’occasione sarà impiegata soltanto la platea e saranno osservate le regole del protocollo per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19. I biglietti sono disponibili sul circuito online Vivaticket (https://tinyurl.com/kbc9xjc3) e presso il botteghino del Teatro, aperto al pubblico dal lunedì al venerdì, dalle ore 11 alle 13 e dalle ore 16.30 alle 18.30. Sabato 12 giugno, giorno dello spettacolo, dalle ore 11 alle 13 e a partire dalle 17.30. Info 0831 562 554 e www.nuovoteatroverdi.com.
Lo spettacolo prende le mosse dalla favola di Jonathan Swift e lo rilegge attraverso una riflessione parodistica offrendo, in forma di metafora, il racconto di un periglioso viaggio insieme autentico, feroce, ironico e psicologico. La misura dell’opera ha come impegno l’immaginaria costruzione di un ponte, tra il mare degli impulsi emotivi e le sperdute isole dei sentimenti. Un percorso del ciclo di vita che appartiene ad ogni singolo individuo e che si declina nei suoi rapporti con gli altri, col mondo e con se stessi, passando per il senso di colpa, il ricatto, le imperfezioni, le fragilità. Perché siamo un popolo di giganti, di lillipuziani e viceversa.
I viaggi immaginari compiuti dal protagonista, Lemuel Gulliver, medico di bordo nella flotta britannica, lo portano a contatto con mondi fantastici popolati da esseri viventi dalle proporzioni e dalle abitudini singolari. Spunto che Swift usa ad arte per muovere una critica sferzante alle istituzioni e ai comportamenti umani. La satira prende di mira tutti i valori del mondo occidentale – dalla religione alla scienza, dalla politica alla cultura – fino a metterne in discussione le radici. Ma il significato allegorico, accessibile solo a chi può e vuole intenderlo, nulla toglie alla perfezione narrativa e alla felicità di invenzione che ne hanno segnato la fortuna anche come libro di gradevole lettura e perfino come classico per l’infanzia.
«L’avventura di Gulliver – ha spiegato il regista Maurizio Ciccolella – è la metafora della conoscenza. Il viaggio lo conduce verso un mondo non conosciuto, verso luoghi che rispondono al suo bisogno di conoscenza. Gulliver ha voglia di viaggiare, di scoprire, di meravigliarsi, in ogni isola incontra e attraversa una multiforme umanità che lo trasforma e aggiunge qualcosa al suo bagaglio personale. Un desiderio mai pago lo porta a superare ostacoli e pregiudizi, una sorta di viaggio dell’eroe che non si esaurisce all’approdo ma continua in una ricerca senza fine. La meta in realtà non esiste perché la sua sete di conoscenza è illimitata».
Gulliver è una specie di Don Chisciotte, ma anziché inseguire visioni cavalleresche e mulini a vento che nella realtà non esistono, culla il sogno della conoscenza come un moderno antropologo che mette sotto lente il costume di popolazioni lontane. Ma se Don Chisciotte rifiuta di farsi omologare con orgoglio senza tempo, il viaggiatore di Swift nutre il culto della conoscenza e per questo si adatta a qualsiasi misura sociale: a Lilliput intrattiene il re con numeri da circo, con i dignitari indossa la maschera del cortigiano riverente.
La rilettura del romanzo, realizzata da Anna Piscopo, ripercorre i capitoli del Gulliver attraverso una scrittura scenica spigliata e incalzante, ricca di invenzioni e allusioni parodistiche, la potenza evocativa delle scene e il tratto incantato dei personaggi, il gioco delle luci e delle musiche, capaci di fissare quelle isole esistite solo nella geografia fantastica di Swift e di renderle realisticamente plastiche e fisiche. «Gulliver. E di altri viaggi» restituisce sulla scena la policromia di un romanzo di avventura che insegna la vanità umana e la relatività delle misure con cui l’uomo calcola la sua altezza e la sua alterigia.