BRINDISI – Venerdì 23 novembre al Nuovo Teatro Verdi di Brindisi è protagonista la grande tradizione italiana con «L’abito nuovo» di Eduardo De Filippo e Luigi Pirandello, nella versione della compagnia pugliese «La luna nel letto» per la regia di Michelangelo Campanale. Sipario alle ore 20.30.
L’autore e commediografo napoletano, affascinato dalla novella di Pirandello, pensò di trasformarla in una commedia da rappresentare a teatro, avvalendosi dell’apporto dello scrittore siciliano che, sfortunatamente, morì durante le prove teatrali del testo e quindi non poté assistere alla sua prima rappresentazione, il primo aprile 1937 al Teatro Manzoni di Milano ad opera della«Compagnia Fratelli De Filippo».
La prima milanese della commedia ebbe un’accoglienza tiepida: lo stesso Peppino De Filippo, contrario all’abbandono della drammaturgia napoletana in favore di adattamenti di opere altrui, criticò la scelta drammaturgica del fratello, sebbene figurasse nel ruolo di Concettino Minutolo. In realtà, si trattò del primo vero segnale di distacco dal fratello Peppino e dal Teatro messo in scena fino ad allora. Alla ricerca di qualcosa di più profondo. Quello che, forse, senza quella collaborazione, non ci sarebbe mai stato.
«In quindici giorni finimmo la commedia – ha raccontato Eduardo –. Uscivo dalla sua casa come un collega, ma l’indomani quando tornavo a suonare il suo campanello mi batteva il cuore. Finita la commedia, però, ebbi la sensazione di trovarmi di fronte a un dramma troppo aspro per quell’epoca, tanto da rimandare di volta in volta la messa in scena. Lui mi scriveva molto e finalmente dopo un anno mi decisi a mettere in prova la commedia al Teatro Quirino di Roma. Lui presenziò alla prima prova. Soltanto alla prima prova. L’indomani ebbi una telefonata dal figlio Stefano. Mi disse ‘Papà sta poco bene, vai avanti tu con la prova. Domani o dopodomani lo vedrai arrivare’. Andai avanti ancora per tre giorni. Il quinto giorno Pirandello non c’era più».
Lo spettacolo narra dello scrivano Michele Crispucci che, partendo da un’umile condizione sociale, non accetta, per lui e sua figlia, la cospicua eredità della moglie che lo ha lasciato da tempo per diventare Celie Buton, una famosa soubrette. Non la gradisce affatto, come vorrebbero fortemente tutti quelli che gli stanno intorno, per non perdere la sua dignità e la sua onestà. Ma infine, nonostante tutto, è proprio quel suo amore profondo per la moglie, intravista nella figlia, che con lucida follia gli farà accettare il cambiamento del suo vecchio vestito in uno nuovo trasformandolo in una sorta di eroe, folle e disilluso suo malgrado, perfettamente in linea con il mondo che lo circonda.
Come è evidente, i temi di Pirandello ci sono tutti: la difesa della propria identità contro la maschera fasulla che gli altri ci vogliono fare indossare, la follia che sola è in grado di salvare, il teatro nel teatro, l’attaccamento alla “roba”, ma soprattutto la dignità, come bene supremo da difendere e da perdere alla resa dei compromessi, che è alla base del teatro di Eduardo. Il regista ruvese rilegge l’opera scritta dai due maestri, proiettandola nel sentire contemporaneo e ritornando alle radici del teatro della sua terra.
Con Marco Manchisi, perfetto nel ruolo dello scrivano Crispucci, abita in modo coerente la scenaNunzia Antonino in tre parti molto diverse tra loro: Celie, Clara e la vecchia madre di Crispucci; e poi Salvatore Marci, Vittorio Continelli, Annarita De Michele, Paolo Gubello, Olga Mascolo,Antonella Ruggiero, Luigi Tagliente e Dante Manchisi, il sarto, deus ex machina che muove i fili del tutto.