Alla scoperta del Salento. Le pozzelle di Zollino, le cisterne per l’acqua piovana

345
foto di Luca Pellegrino

ZOLLINO (Lecce) – Nel cuore della Grecìa Salentina la vita si muove tra storia e tradizioni, con un piede nel presente e uno nel passato.

È impossibile infatti, fare un solo passo senza inciampare in un pezzo di civiltà, anche recente, che ha reso grande il Salento.

Un esempio delle preziose testimonianze del passato, sono le pozzelle, ovvero pozzi di cui il territorio salentino è pieno.

Tra tutti i comuni che ospitano la pozzelle, sicuramente quello con un più elevato numero di ritrovamenti, è Zollino.

A Zollino infatti, a oggi sono state rinvenute ben 41 pozzelle.

Le pozzelle di Zollino si trovano in un territorio circoscritto alla periferia nord-est del paese e occupano circa un ettaro di terreno che è stato recintato e trasformato in parco.

Le pozzelle, in griko chiamate “ta frèata”, non sono semplici pozzi, ma funzionali cisterne della profondità che arrivava fino a 8 metri costruite una accanto all’altra, per raccogliere l’acqua piovana.

Per la loro funzione, venivano costruite nei pressi del centro abitato.

Le pozzelle venivano realizzate a secco, nella buca venivano creati cerchi concentrici di diametro via via sempre minore che culminava con una cupola chiusa da un blocco in pietra leccese di forma circolare, cubica o quadrata bucato al centro.

L’acqua piovana veniva raccolta nella pozzelle e trattenuta dal terreno argilloso circostante.

L’ingegno degli antichi si spingeva a pozzelle collegate tra loro con più aperture.

L’origine delle pozzelle ha contorni fumosi, per alcuni studiosi risalgono al XVIII secolo, per altri invece bisogna andare molto più indietro nel tempo.

Le pozzelle di Zollino sono conosciute anche come “pozzi di Pirro”, perché secondo la tradizione proprio nella zona, alloggiò il condottiero.

La pozzelle sono un esempio del ingegno umano e della capacità di adattarsi all’ambiente circostante: il Salento non offre corsi d’acqua dolce, quindi l’uomo, per sopravvivere ai lunghi periodi di siccità, ideò un sistema di raccolta giunto fino si giorni nostri.

Le pozzelle di Zollino potrebbero essere senza timore essere associate al moderno acquedotto: la popolazione aveva la possibilità di prelevare quotidianamente acqua e sopravvivere senza sforzi eccessivi e senza il rischio di attingere a falde acquifere impure, soprattutto nel periodo estivo.

L’acqua raccolta nelle pozzelle, veniva utilizzata anche per irrigare i campi, dissetare gli animali, cucinare e svolgere le normali azioni domestiche.

Il territorio di Zollino si è da subito dimostrato ideale per la costruzione della pozzelle.

A Zollino infatti, le pozzelle sono state costruite su un terreno in declivio in cui, proprio per la sua forma, le acque piovane confluivano naturalmente dalle strade perimetrali.

Le corde utilizzare per tirare su l’acqua con i secchi hanno lasciato segni indelebili che raccontano la storia di uomini e donne che ogni giorno si trovano intorno alle pozzelle.

Gli abitanti di Zollino erano affezionati alle proprie pozzelle, tanto da dare ad ognuna un patronimico: Ascilò, Scordari, Lipuneddha, Marmaregnu e Rizzo.

Alcune pozzelle sono poi passate alla storia per la loro grandezza e per la purezza della loro acqua.

Non stupisce che fino agli Anni ‘60 le pozzelle siano state utilizzate dagli abitanti di Zollino, che le hanno man mano abbandonare con l’arrivo dell’acquedotto, ma nonostante ciò, ancora oggi le pozzelle continuano a svolgere il loro ruolo di cisterne.

Quando piove infatti, le pozzelle, oggi coperte da grate in ferro, si riempiono di acqua che sgorga copiosa.

In passato, a Zollino l’area in cui sorgevano le pozzelle, era un ritrovo per gli abitanti del paese e tuttora, è meta di scolaresche e turisti che sopratutto nel periodo estivo si soffermano a respirare un pezzo di storia.

di Claudia Forcignanò