Il festival diffuso Piano Lab, che celebra in Puglia il re degli strumenti, entra nel clou della programmazione con il primo dei due concerti all’alba previsti nella riserva naturale di Torre Guaceto, in località Carovigno, dove alle prima luci del giorno di domenica 28 luglio (ore 5) si esibirà il gigante del latin-afro-jazz Omar Sosa (biglietti 25 euro, inclusi i diritti di prevendita).
Tra i pianisti latinoamericani che ha saputo unire i continenti fondendo radici cubane, jazz e musica classica, Sosa è un poliglotta musicale, stilisticamente unico, ritenuto una delle figure di riferimento della scena internazionale. «Attraverso il jazz, il genere più rappresentativo dell’Esodo dal continente nero, metto idealmente insieme Caraibi, America Latina e Africa in un’espressione di libertà che è celebrazione della Diaspora viva ancora oggi», spiega il cinquantanovenne musicista di Camagüey, che per Piano Lab presenta il suo progetto solista nel solco di una ricerca delle radici trasformatasi in allegoria dello scambio artistico universale.
«Con la mia musica racconto il profilo melodico dell’Africa e la sua grande forza ritmica, punto di contatto di ognuno con lo spirito supremo che unisce le persone», prosegue Sosa, autodidatta fortemente influenzato dalle percussioni sin dai suoi primi approcci col pianoforte, strumento dal quale è stato sempre affascinato per il carattere orchestrale.
Musicista dallo stile personale, contraddistinto, per l’appunto, da un approccio ritmico decisamente audace, Omar Sosa è cresciuto musicalmente abbeverandosi alla cultura cubana più tradizionale prima di scoprire il jazz e, via via, il pop, il funk e le sonorità provenienti dal resto del mondo. Ed è proprio attraverso la riscoperta del folclore musicale cubano, fortemente ancorato alle radici africane, che Sosa ha fatto suo il senso dello swing, la danza e il rapporto col corpo, aspetti tipici del jazz, della musica caraibica e di quella cubana, tutti derivanti dalla comune matrice africana, al di là delle differenze stilistiche determinate dai vari sincretismi culturali nelle diverse aree del continente americano.
Il risultato è un linguaggio jazz globale che celebra le tante anime della musica delle Americhe (e non solo), sempre in un’intima connessione con le radici afro-cubane. E dentro questo spirito guida agiscono liberamente quella curiosità, quello spirito artistico generoso, quella dedizione alla creazione e quell’apertura a nuove sonorità e insolite combinazioni che fanno di Omar Sosa una delle figure di riferimento della scena latin jazz, come certificano i 34 album incisi in 25 anni di attività discografica, le 7 nomination ai Grammy Awards e le collaborazioni con Paolo Fresu, Seckou Keita e Adam Rudolph, per limitarsi alle più significative.